mercoledì 10 novembre 2010

Senza titolo



 
Formamentis, Alterlucas, Gregorj ded.

Sono depresso, trovo insignificante scrivere, faccio fatica a leggere i giornali, non guardo la tv, non vado al cinema, ho provato a strimpellare un poco al piano e a preparare intingoli, ma senza giovamento, e ho messo pure dei sacchetti di lavanda qui e lì, dicono che la lavanda tiri su: niente, sto giù, riesco a sbrigare solo gli affari correnti, i doveri perché sono doveri, e poc’altro. Passo il tempo che rimane a contemplare il niente, senza aver nulla da ridirne, tanto meno da scriverne, e per chi è sempre stato grafomane – sempre, anche nei momenti più brutti – è davvero strano, perché mi capita per la prima volta: è la prima volta che la depressione – se così posso chiamarla – mi deprime la scrittura.
Mai stato così, devo dire. È sempre stata la scrittura a tirarmi fuori da momenti come questi, è sempre stato un film o uno spartito di Clementi a farmi passare tutto, adesso no.

Ma forse depressione è termine improprio, perché non avverto alcun sintomo psichico o organico di quelli che fanno da corteo a ciò che comunemente è detta depressione. Diciamo che si tratta di qualcosa che tocca ciò che Jung chiamava animus: ho in animo la comprensione dell’inutilità del tutto, della totale mancanza di un senso nelle cose, nei fatti e soprattutto nelle persone: avverto l’annichilente insulsaggine del tutto, né io mi salvo, anzi sto al centro di questa apocalisse. Un angelo (anche qui valga quanto in Jung) mi ha dato da mangiare pagine di un libricino allucinogeno e rimango – termine improprio, dicevamo – depresso. Tutto mi appare insulso e inutile, e non posso farci niente.
Questa volta non riuscirò a salvare il mondo dalla catastrofe finale, e mi spiace, ma devo dire: solo fino a un certo punto.


9 commenti:

  1. Ma scusa, non ti muove nulla nel fondo di quel tuo cuore apatico sapere che ti voglio bene? E fanculo anche il mondo, non ci merita.

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  2. Tanto vale mettersi comodi a godersi lo spettacolo... come ha detto qualcuno, la quantità di intelligenza sul pianeta è costante, e la popolazione aumenta.

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  3. apatia. capita.
    abbiamo sempre bisogno di uno stimolo, anche solo di un'illusione, o di una piccola soddisfazione: pensa a come sta capezzone ora

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  4. L'animo
    - assediato da pensieri, nozioni, progetti, cose, ricordi -
    ogni tanto ha bisogno di fare spazio intorno a sé.

    Guarda bene: vedrai che una parte di te sta riprendendo fiato. Mentre il resto brontola.

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  5. Per ora, e da anni, non ho avuto più questo tipo di attacchi e spero di continuare così: la pretesa di dare "un senso" è probabilmente tutta culturale o al più antropogenica ed è un buon rimedio assorbire totalmente (aver assorbito nel mio caso) questa consapevolezza. Siamo elementi dispersi in una tanto formidabile quanto non significante catena di conseguenze fisiche della materia. La nostra inclinazione a percepire un senso nelle cose va semplicemente aggirata così: diamo noi un senso alle cose, perché sempre noi abbiamo dato un senso alle cose. Se per un attimo la nostra stanza ci appare priva di senso, capiamo che è perché essa è oggettivamente priva di senso (al di fuori del senso che ad essa abbiamo voluto assegnare noi, come possiamo ogni volta decidere di continuare liberamente a fare).

    Postilla: trovo poi straordinaria circostanza il fatto che rappresentiamo un fenomeno elettrizzante, che è un universo di materia che si interroga su sé stesso. Ed inoltre siamo collettivamente il tramite per il prolungamento di questo fenomeno. Possiamo persino dare ciascuno un piccolo contributo a questa opera, nel senso di incrementare i quesiti che noi come universo poniamo a noi stessi come universo, con la possibilità di registrarli per il futuro come materiale riciclabile. Questi pensieri tendo a trovarli sempre molto consolatori, perché sollevano da qualche peso ingombrante e mi procurano soddisfazione.

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  6. Ripesco questo post via Lucas, e ripenso al fatto che quanto scrivi non ha mai nulla di apatico o di depresso. Ricordo ancora quando tuonasti un: "smettila con le paturnie" riferito all'amico Raser.

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  7. Eh, vabbé, qui c'è da mettersi d'accordo: io ti mando via mail articoli che vorrebbero essere commentati, e ti trovo in queste condizioni?
    Prendi un giorno di ferie, la macchina, e sali a Milano. Che tanto tra non assegnare valore a nulla di qui o di lì, al netto degli impegni, non cambia niente. E potresti addirittura mutare quel nulla in un nulla differente - e uguale -, facendomi felice.

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  8. Cazzo. Mi dispiace. Se non ce la fai tu, non ce la posso fare io.

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