martedì 6 settembre 2011

“L’Illuminismo dei cattolici”

Volendo schematizzare – scriveva Massimo Firpo (Il Sole-24 Ore, 4.9.2011) – di illuministi ce n’era di due tipi: quelli moderati, tipo Voltaire, Hume e Kant, e quelli radicali, tipo Diderot, d’Holbach e Lessing. Io penso che, a leggere L’Illuminismo dei cattolici (Avvenire, 6.9.2011), i primi avrebbero scosso il capo e i secondi sarebbero scoppiati a ridere.
Schematizzare può tornare utile a semplificare, ma lo stesso Firpo metteva in guardia: “Molte anime, molte differenze e anche aspri contrasti animavano quel complesso movimento che sotto il nome di Illuminismo percorse da un capo all’altro l’Europa del Settecento”. C’è da ritenere, dunque, che scuotere il capo e scoppiare a ridere non esaurirebbero la gamma di reazioni che oggi gli illuministi avrebbero alla lettura di un articolo così stronzo: c’è chi lo metterebbe via senza neanche arrivare in fondo, chi non perderebbe un attimo nell’iniziare a scrivere un pamphlet in risposta, chi si limiterebbe a staccare la pagina dal giornale dei vescovi per il pulirsi il culo, ecc. Una sola cosa è certa, ed è che nessun illuminista si sarebbe armato di un randello per andare ad appostarsi sotto casa di Pierangelo Sequeri, Francesco Botturi e Franco Cardini, i “tre esperti” che “replicano alle tesi di Massimo Firpo” e interpellati da Edoardo Castagna, autore dell’articolo, tanto meno sotto casa di quest’ultimo: la tolleranza, infatti, era caratteristica comune a tutti gli illuministi.
Anche per questo – Firpo teneva a precisarlo – va decisamente sfatato “il mito storiografico del nesso causa-effetto tra Illuminismo e Rivoluzione francese da cui sarebbero poi scaturite le fantomatiche genealogie che vi avrebbero colto l’archetipo del Terrore robespierrista e addirittura la matrice prima di tutte le più sanguinarie tirannie sperimentate in seguito dalla storia europea”, perché si tratta di un mito “coniato dai reazionari di fine secolo”, “di origine hegeliana, sviluppato e piegato alle loro costruzioni intellettuali anche da Marx e da Nietzsche, ripreso poi da Horkheimer e Adorno, e poi da Foucault”.
E dunque gli illuministi avrebbero in comune solo la tolleranza? Ovviamente, no. Basti la celeberrima pagina di Kant: “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro…” (Was is Aufklaerung? – 1784). Parliamo del coraggio di servirsi della ragione, rifiutando la guida dell’autorità storicamente incarnata nei detentori del potere, che ci spacciano la loro verità come rivelata.
“Si comprende dunque – scriveva Firpo – come l’Illuminismo abbia potuto assumere anche un significato metastorico, diventando una sorta di temibile archetipo intellettuale, bersaglio di severe condanne da parte della Chiesa di ieri e di oggi”. Ecco, dunque, un altro carattere comune a tutti gli illuministi di ieri e di oggi: non essere cattolici. Anzi, trovarsi spessissimo su posizioni opposte a quelle della Chiesa, e perciò il doverne subire la condanna e non di rado la diffamazione. Poi, però, ci sono i molto fessi o i molto furbi che pensano di poter cambiare le carte in tavola inventandosi L’Illuminismo dei cattolici. Hanno bisogno di attenuare la condanna e di arrotondare la diffamazione a uncino.

“Firpo accusa Benedetto XVI – scrive Edoardo Castagna – di «aver più volte additato il deprecabile atto di nascita» dell’odierna civiltà proprio nei Lumi, tralasciando tra l’altro il celebre discorso di Subiaco del 2005 nel quale l’allora cardinal Ratzinger aveva ribadito che «è stato merito dell’Illuminismo aver riproposto i valori originari del cristianesimo, fin dal principio religione del logos»”.
Ecco, da subito, svelato il trucco: siamo di fronte a chi si sente molto furbo e pensa di avere a che fare con dei fessi. Ratzinger in persona avrebbe benedetto l’Illuminismo, ergo l’Illuminismo, se non cattolico, è cristiano: come se bastasse levare la maiuscola al Logos giovanneo, che è pura trascendenza, per ridurlo al logos degli illuministi, che è la ragione immanentissima. Cancellate centinaia di pagine del magistero petrino che condannano l’Illuminismo, almeno dalla Inscrutabile divinae di Pio VI (1725) e fino allo stesso Ratzinger nel 2008 (“Il Vangelo non sia in alcun modo confuso nelle menti dei credenti ai principi laici associati con l’Illuminismo”, e sì che l’Illuminismo ha riproposto i valori originari del cristianesimo”). Ma non bisogna essere troppo severi col Castagna, in fondo cerca imitare un treccartaro un po’ più bravo di lui, e si può capire che non sia troppo lesto di mano. Bisogna essere clementi, passiamo agli esperti.
Pierangelo Sequeri: “L’allargamento del logos è l’istanza dell’Illuminismo incompiuta. Il formalismo di una ragione che non vuol sapere nient’altro di ciò che trova in se stessa, e da lì ricostruire tutto il mondo, è stato sconfitto dalla storia”. Ecco una interessante spiegazione di come l’Illuminismo abbia tradito il logos: ha voluto emanciparlo dal ruolo di ancella della fede, l’unica che dà luce vera. E allora che senso ha parlare di un Illuminismo dei cattolici? La fede non ti concede alternative: o cattolico o illuminista.
Francesco Botturi: “La domanda sulla compatibilità tra modello illuminista della ragione e antropologia religiosa o, più specificamene fede cristiana, percorre la storia intera della seconda modernità, sia sul fronte laico, sia su quello religioso. Le risposte sono state le più varie. Si pensi alle posizioni di un Leopardi, un Beccaria, un Cattaneo, da una parte e di un Taparelli d’Azeglio, un Manzoni, un Rosmini, dall’altra; tutte così diversamente connotate tra loro, benché confrontabili e interagenti. Una varietà che dipende dalla multiformità storica del fenomeno illuminista stesso, a cui ha corrisposto una variegata sensibilità religiosa e cristiana. La prima osservazione dovrebbe dunque concludere all’impossibilità di ricondurre l’Illuminismo ad uno schieramento bipartito o addirittura a un idealtipo univoco… Non tutto l’Illuminismo fu giacobino, per intenderci. Illuminista è anche e più vastamente la rivendicazione che tradizione e autorità ricevano il consenso della libertà”. E così, allargandolo di quel tanto da infilarci dentro anche Rosmini, abbiamo un l’Illuminismo che può arrivare pure a concepire la libertà della ragione come obbedienza al papa. Da rompergli il randello sul groppone, questo esperto.

Ma veniamo al nostro esperto preferito, il sempre impareggiabile Franco Cardini, quello che “noi ci dichiariamo integralmente e attualmente fascisti” (1965), quello che “a noi pare che i paesi a regime socialista siano più umani di quelli a regime capitalista” (1968), quello che “Goebbels è senza dubbio un geniale pioniere” (1974), quello che “piantatela una buona volta di rabbrividire dinanzi all’idea della pena capitale” (1981), quello che “non possiamo non dirci nietzscheani” (1983), quello che “io credo che Dio parli in tedesco con gli angeli” (1990).
Qui, mantenendosi a un livello appena più decente, ma neanche tanto, non abbiamo nessuna ragione scientifica per sostenere che un sistema è migliore di un altro, a meno di affidarsi al determinismo storico o alla legge della giungla, per cui chi vince ha ragione perché vince. Come si fa a parlare del sistema nato dal sistema illuministico come il migliore dei mondi possibili, quando sappiamo tutti che anche il comunismo e il nazismo sono figli dei Lumi? Si può anche dire che sono figli degeneri, va bene: ma quando si ha una casistica storica che ci mostra come non esistano sistemi ottimali, con quale ottica si continua a percorre questa strada? Per non parlare che nel Settecento buona parte della Chiesa cattolica era coinvolta nel processo illuminista e in particolare nelle logge massoniche; soltanto dopo si è sviluppata una dialettica, con la massoneria che ha virato in senso anticattolico. L’Illuminismo è in gran parte legato al mondo cattolico”. Capite che, a volersi dire illuministi, qui conviene essere massimamente tolleranti e limitarsi a scuotere il capo pensando alle decine di encicliche che condannano la Massoneria. Poi, sì, sentirci ripetere che il comunismo e il nazismo siano figli dei Lumi si può cedere alla voglia di scrivere un pamphlet. Ma leggere che nessuna ragione scientifica possa serenamente dichiararsi in favore di un sistema razionale piuttosto di un sistema fideistico, be’, ecco, fa venir voglia di lasciar perdere il pamphlet e fare almeno un pensierino al randello. Pensierino fugace, perché in fondo siamo illuministi, mannaggia.

15 commenti:

  1. "chi si limiterebbe a staccare la pagina dal giornale dei vescovi per il pulirsi il culo"
    Lei è un mago: come sapeva che ho finito la carta igienica?

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  2. was ist die aufklaerung? (correggere prego!)

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  3. Notato che il celebre saggio di Kant suona "Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung?", l'arruolamento forzato e automatico del povero Hegel tra i reazionari fa davvero venire l'orticaria a chiunque abbia studiato filosofia con un minimo di serietà, ma l'insorgere di dermatiti a seguito di sproloqui pseudofilosofici così arrogantemente superficiali è un effetto collaterale ampiamente noto ogni volta che si leggono i cosiddetti pensatori cattolici.
    Vorrei solo ricordare un passaggio di Kant, da suo saggio "Der Streit der Fakultaten in drey Abschnitten" (astenersi i maestrini dalla penna rossa: drey è la grafia tedesca corretta per l'epoca in cui scriveva K.) del 1798, dunque ben dopo il terrore, il Termidoro e tutto il resto. Vi si dice, a mo' di giudizio sulla rivoluzione francese e sul suo significato per il progresso dell'umanità:
    "Quell'avvenimento è infatti troppo grande, troppo intimamente connesso all'interesse dell'umanità e troppo esteso, nella sua influenza, a tutte le parti del mondo, perché in qualsiasi ricorrere di circostanze favorevoli esso non debba ritornare al ricordo dei popoli e non debba essere ridestato al fine di ripetere nuovi tentativi del genere, dato che in una questione tanto importante per il genere umano la costituzione cui si mira deve pur raggiungere un giorno quella stabilità che l'insegnamento di numerose esperienze non potrà mancare di operare negli animi di tutti".

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  4. piu che penna rossa qui ci vuole la matita blu...
    Fakultaten in tedesco non esiste! si dice Fakultäten oggi come nel 1798....

    simone

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  5. A me piace molto Giovanardi perchè lui questi complessi di inferiorità intellettuale a causa dei quali i cattolici più timorosi cercano di accreditarsi goffamente qui e la non li ha proprio.

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  6. Faccio presente che l'Umlaut, non nel 1798 ma nel 2011, viene tranquillamente omessa per evitare problemi di leggibilità nei browser. Avrei potuto scrivere Fakultaeten, che sarebbe stato più corretto dal punto di vista fonetico, ma che mi provoca una certa allergia visiva.
    A parte di ortografia, ti occupi di qualcosa nella vita?

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  7. @ urzidil:
    io ho una vita bella e piena lei invece non riesce ad ammettere che ha semplicemente fatto un errore e ci voleva stupire con qualche facezia ortografica.
    Forse sarebbe piu' semplice ammettere la svista e lasciar perdere le allusioni sulla vita degli altri...ammettere gli errori credo sia molto kantiano....
    simone

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  8. Deutsche Sprache, schwere Sprache.

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  9. Warum ist die Banane krumm?

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  10. @simone:
    sono felice che lei sia appagato da una vita priva di errori di ortografia. Noto però che le sue competenze non vanno molto oltre questo, pur nobile ambito: se lei prende Kant come esempio di prontezza e umiltà nel riconoscimento dei propri errori, mostra di non conoscere la notevole vis di polemista del Regiomontano e la pertinacia con cui seppe difendere le sue posizioni, a volte costruendo argomenti ad hoc non proprio lineari pur di non cedere di un passo.
    A mo' di esempio della maniera in cui il nostro reagiva alle critiche, del quale tutti i merletti del suo elegante secolo non dissimulavano certo la forza polemica, cito dalla Prefazione alla Seconda edizione della Critica della Ragion pura:
    "Was diese zweite Auflage betrifft, so habe ich, wie billig, die Gelegenheit derselben nicht vorbeilassen wollen, um den Schwierigkeiten und der Dunkelheit so viel möglich abzuhelfen, woraus manche Mißdeutungen entsprungen sein mögen, welche scharfsinnigen Männern, vielleicht nicht ohne meine Schuld, in der Beurteilung dieses Buchs aufgestoßen sind."

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  11. "vielleicht nicht ohne meine Schuld".

    Beh, dai. Questo inciso esprime una certa umiltà e congnizione dei proprio limiti, no?

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  12. @gadilu
    sono convinto che lei abbia colto in pieno l'ironia di K., che sostanzialmente dice di aver fatto questa seconda edizione per far rispondere alle critiche di due o tre saputelli (sharfsinnige), dovute senz'altro alla loro incomprensione dei concetti, possibile soltanto perché non avevano capito i termini usati, magari con qualche colpa dell'autore, che non si era dato abbastanza da fare per spiegarsi anche a gente di comprendonio così tardo da non concordare immediatamente con le sue straordinarie vedute".
    Tenga conto che la prima edizione è del 1781 e la seconda di sei anni successiva: all'epoca, si trattava dell'astrusa opera di un oscuro professore di un'università secondaria, pubblicata per di più a Riga, non esattamente uno dei centri dell'editoria europea dell'epoca. Per rispondere in questo modo alle critiche, invece di essere grati ai pochi che si erano presi la briga di leggerla, bisognava avere una certa autostima, mi pare.

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  13. No, mi dispiace. Non conosco così a fondo l'opera kantiana da poter argomentare senza parecchio affanno sulle cause e le differenze tra la prima e la seconda edizione della Critica della Ragion pura. Né mi ero mai accorto che "Scharfsinnige" fosse qui inteso in senso ironico (lettura legittima, visto che la parola significa comunque "gente acuta" e dunque potrebbe benissimo significare ironicamente il contrario). Mi rimane un dubbio più generale: come mai siamo finiti a parlare di questo? E ancora, vista questa sua puntigliosità in questioni di lingua tedesca: lei ha compiuto studi in ambito germanistico? È un bilingue naturale (figlio di coppia mista) che sbarca il lunario facendo traduzioni? O magari vive in provincia di Bolzano?

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  14. Siamo finiti a parlare di questo per un'Umlaut mancata, mi pare. I miei studi non sono di germanistica ma di filosofia, e continuano ancora oggi che ho appena compiuto il mio secondo ventennio, con qualche risultato accademico e alcune pubblicazioni. Peraltro, non sono uno specialista kantiano.
    Quanto alla lingua tedesca, ho passato una buona fetta della mia infanzia a Bolzano e ho continuato a misurarmi con la lingua tedesca nel corso dei miei studi, in numerosi soggiorni berlinesi e con una lettura abbastanza assidua di testi tedeschi anche non filosofici, tutto qui.
    Ho fatto qualche traduzione (quattro libri e un po' di altre cose), ma soprattutto dall'inglese e dal francese.
    E lei?

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  15. Io più o meno come lei (e comunque abito in Sudtirolo).

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