venerdì 20 maggio 2011

Ci tocca anche


Il flop di Ci tocca anche Vittorio Sgarbi è tanto vistoso da costringere Raiuno a sopprimere la trasmissione: la prima puntata ha avuto poco più di 2 milioni di telespettatori con uno share dell’8,27% e un calo di oltre 10 punti in pochi minuti, quantificatosi nella perdita di almeno 3,2-3,6 milioni rispetto alla media della rete in prime time. Altri flop sono meno vistosi e forse è per questa ragione che sembrano esser meglio tollerati dall’azienda, anche se c’è da ritenere che le arrechino un danno non minore, anzi, come è nel caso di trasmissioni che perdono audience nel tempo, in modo lento, il danno si rivela sempre gravissimo, forse proprio perché sottovalutato o ritenuto tollerabile, provocando non di rado una disaffezione che dalla trasmissione passa alla fascia oraria che la ospita (senza sostanziali differenze in relazione alla durata del programma) e, nel tempo, alla intera rete.

Mi è capitato tra le mani, in questi giorni, un vecchio libro di Sergio Saviane (Video malandrino - SugarCo Edizioni, 1977) che in molti punti mi ha convinto dell’esistenza di alcune regole che erano già valide 30 anni fa, quando la tv pubblica non aveva rivali, e che non hanno perso forza oggi, forse perché legate alla natura stessa del medium e in qualche misura valide al di là dei contenuti mediati. Regole che allora erano rispettate anche se l’Auditel non esisteva ancora, e tutte fondate su un solo principio: una trasmissione che fa perdere telespettatori alla rete è una trasmissione morta.
Se Ci tocca anche Vittorio Sgarbi è morta di colpo apoplettico, Ci tocca anche Giuliano Ferrara continua la sua lenta agonia. Va sempre più allargandosi, infatti, la platea di quanti, dopo aver visto il Tg1, cambiano subito canale per scansarla: dall’esordio del 14 marzo ad oggi, in progressione pressoché costante, siamo passati da un differenziale medio di 400 mila spettatori a quello delle ultime due settimane, che è di 1,3 milioni, con cali massimi di 1,4-1,6 milioni.

Ma c’è un altro dato che mi pare interessante: questo calo progressivo è accompagnato da un costante andamento infrasettimanale, con una tendenza a cambiare canale che è massima il lunedì, per andare ad attenuarsi verso il venerdì, anche se poi di venerdì in venerdì si rileva un calo costante, relativo ed assoluto.
A mo’ di esempio:

Forse è solo un’impressione, ma pare che chi abitualmente segue il Tg1, dopo le due serate di sabato e domenica nelle quali Qui Radio Londra non è andata in onda, sia portato a cambiare canale più rapidamente, con più pronta insofferenza, che poi scema nel corso della settimana. Se l’impressione corrisponde al vero, il programma di Giuliano Ferrara è morto, ma dalla veglia funebre si va via alla spicciolata, cercando di non dare troppo nell’occhio.

2 commenti:

  1. Il venerdì (specie la sera) il calo si attenua perché il target commerciale non guarda la tv, lasciando davanti ai teleschermi una minoranza che corrisponde, grosso modo, a quella coorte di persone che secondo Radio 24 ha votato a grande maggioranza per la Moratti (tra gli altri).

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  2. Purtroppo, nei casi di Ferrara e Sgarbi, sopprimere soltanto le trasmissioni TV non mi sembra sufficiente.

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