mercoledì 18 maggio 2011

Non dare per eterno il dodo



Suppongo abbiate letto Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza di Julian Jaynes (Adelphi, 1984) e conosciate la tesi della nascita del divino nell’uomo in virtù di quel particolare artefatto neurologico che porta a concepire un altro da sé, dentro il sé, imperativo.
Brillantemente argomentata, la tesi di Jaynes non ha trovato consistenti obiezioni., almeno finora. Grosso modo: lungo il corso della nostra evoluzione neuroencefalica c’è stato un momento in cui alcune dispercezioni sensoriali, prodotte da un dato livello di connessione tra i due lobi cerebrali (corrispondente a quel dato livello evolutivo), si sono strutturate in un Dio. Cedendo alla sintesi brutale: quello fu il momento in cui creammo Dio. Conseguentemente, fu anche il momento in cui l’organizzazione della comunità umana prese la forma teocratica, che avocò ai suoi interpreti il privilegio imperativo.
Un libro eccezionale per acume e chiarezza. Andrebbe consigliato a chi non manca mai affermare prontamente che allora la fede è naturalmente umana, e la religione cosa assai fisiologica, ogni qual volta una scoperta in campo neurologico dimostra che, sì, nel nostro cervello persistono strutture che sembrano dare realtà a dispercezioni.
Non è dimostrata l’esistenza di Dio sul piano metafisico, caro Berlicche, ma è dimostrato il fatto che il piano metafisico è un artefatto fisico. Il nostro cervello ha creato Dio e gli ha dato modo di replicarsi in strutture che tendono a riprodursi finché possono, secondo le leggi che reggono l’evoluzione. Insomma, caro mio, non dare per eterno il dodo solo perché ti pare insostituibile nel paesaggio di Mauritius, e peraltro assai carino: l’evoluzione può estinguerlo.


13 commenti:

  1. Libro, per me, formativo.
    Per dirla ancora più brutalmente: il momento in cui scambiammo il pensiero cosciente, la sua "voce", per dio. Succede ancora in alcune psicosi.
    Cari saluti :))
    v.

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  2. Ciao Malvino,

    Ho avuto modo di leggere il libro di Jaynes e l'ho trovato molto interessante (anche se a volte un po' ripetitivo).

    Ad onor del vero, una delle critiche che viene fatta al libro e' che non ha avuto un vero e proprio percorso "formale" (peer reviews,...).

    D'altro canto e' anche molto difficile provare "fisicamente" la correttezza delle tesi in quanto il cervello non si mantiene molto bene nei secoli e quindi e' difficile andare a cercare le differenze fisiche tra il cervello "moderno" e quello "antico".

    Il processo di validazione usato dal libro e' andare ad osservare il comportamento di schizzofrenici "moderni" e fare riferimento ai testi scritti dagli "antichi".

    Il problema di questa validazione consiste nel fatto che (1) gli schizzofrenici "moderni" tendono ad avere sintomi "simili" ma non "uguali" e nel libro si parla di fenomeni che coinvolgerebbero intere popolazioni; inoltre (2) i testi "antichi" erano scritti da un ristrettissimo numero di persone e non dalla maggioranza di esse (statisticamente parlando l'argomentazione non e' un gran che robusta).

    Se mi metto il "cappello da ricercatore" (lo sono stato per molti anni, ma non in campo medico/antropologico), non posso che ammettere che la posizione di Jaynes non sia delle piu' solide (volendogli un sacco di bene).

    Se invece parlo "senza cappello", continuo a gonsigliarne la lettura ad amici e parenti anche solo per ampliare e stimolare la discussione :¬)

    - Francesco

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  3. E pensare che non era difficile capire il significato del testo, caspita.

    Peccato, un'altra occasione di sembrare intelligenti semplicemente stando zitti è stata persa.

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  4. assieme a pragmatica della comunicazione umana un libro fondamentale

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  5. Il libro lo lessi alla inizio degli anni 90. Mi piacque assai e ci rimasi male quando ne lessi delle critiche del tipo che "Anonimo Francesco" riporta. Condivido sostanzialmente la tua analisi... discostandomene però in un punto: l'evoluzione non "può" estiguere nulla. Non è un processo intenzionale. Da un attento dicitore, come ti giudico, è piuttosto sconcertante. Spesso in una visione poetica si personalizza di tutto, però l'evoluzione (o forse sarebbe meglio parlare di selezione naturale) non trasformiamola in un genocida.

    Con stima ti porgo i miei cordiali saluti.

    Riccardo

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  6. @ Riccardo Orlando
    Può piovere, poi sì la pioggia non "può" deciderlo.

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  7. Ho letto il libro anni fa, in un periodo in cui divoravo testi di neuroscienze e dintorni (nel caso di specie, molto dintorni)
    Molto interessante, ma altamente congetturale. Una via di mezzo tra una teoria in senso tecnico e una provocazione intellettuale.
    Se ricordo bene, mi pare che dawkins aveva una posizione ambivalente su quel libro: lo citava, ma non se ne "fidava".
    Comunque è un po' come il modello cerebrale di Paul MacLean (la struttura "una e trina"): scientificamente è un'idea debole, ma certamente è estremamente stimolante. Specie per cercare di individuare i correlati biologici della pulsione religiosa (cfr http://www.uaar.it/ateismo/contributi/13.html)

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  8. Anch'io ho letto Jaynes vari anni fa e non ho smesso di consigliarlo e, a volte, regalarlo. Credo che la tesi o congettura centrale del libro (perche' ce n'e' piu' d'uno in effetti) non sara' mai del tutto confutata, ne' si troveranno prove fisiche a supporto. Inoltre e' talmente bella da desiderare che sia vera. Una "scimmia acquatica", sempre che la teoria delle scimmie acquatiche nel frattempo non sia stata confutata.

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  9. Interessante. Credo che si debba distinguere la nascita del divino da quella della religione. Qui c'è un altro elemento di scienza per ditricare la questione (se ti interessa posso cercare le referenze).

    Viene studiato il comportamento di una comunità di scimmie in una gabbia. Su un albero sono sistemati dei caschi di banane, di cui si servono liberamente. Le banane vengono in un secondo momento elettrificate, e pian piano le scimmie imparano, scottandosi, a non toccarle più. Dopodiché i membri della comunità vengono cambiati, uno ad uno. Le vecchie scimmie impediscono alle nuove di toccare le banane; all'inizio in maniera incerta, e spesso senza riuscirci, poi si struttura una organizzazione efficace che istruisce con la paura i nuovi arrivati a non toccare le banane. Nel frattempo alle banane viene tolta l'elettricità, e il ricambio della comunità è totale: alla fine dell'esperimento nessuna delle scimmie ha mai avuto esperienza della scossa, ma nessuna osa avvicinarsi le banane.

    Da wikipedia, una delle etimologie di religione è il latino religàre, cioè "legare, vincolare".

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  10. Il dodo era su Mauritius, non in Madagascar. E l'ha estinto l'uomo, non la natura.
    8-))))))

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  11. @ Marco F
    Sì, è vero, grazie per l'errata corrige Madagascar ---> Mautitius. In nessun punto, invece, ho scritto che sia stata la natura ad estinguere il dodo. Peraltro l'uomo ne è parte, no?

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  12. Questo berlicche l'ha letto?

    “Interestingly, we found that religion is less likely to thrive in populations living in cities in developed nations where there is already a strong social support network.”

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  13. " In nessun punto, invece, ho scritto che sia stata la natura ad estinguere il dodo. Peraltro l'uomo ne è parte, no?"
    Il dibbattito se l'uomo faccia parte della natura o meno fa molto anni Ottanta. Secondo me no, secondo altri sì. Ma credo che anche questo appartenga alle proposizioni indecidibili (se la frase ha un qualche senso).

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