mercoledì 4 agosto 2010

“Mi cinse teneramente il collo col braccio, mi avvicinò a lui e mi tenne così per un po’…”


Angelo Bottone ci tiene ad essere citato e qui, per riparare all’errore di avergli dato del “tizio”, lo presento: è il massimo esperto di John Henry Newman tra i napoletani in Irlanda; blogger dal 2002, in carriera universitaria da qualche tempo prima, papista da sempre; saltuariamente lettore del mio umile blogguccio; a naso, un simpatico cazzone che infauste circostanze hanno costretto alla bassa manovalanza nella propaganda cattolica. Dovessi citarne uno simile e appena un po’ più noto di Angelo Bottone, direi Francesco Agnoli.
Ho scritto di un “tizio” che si arrampicava sugli specchi nel negare l’omosessualità di Newman e quel “tizio” era Bottone, che con volée di rovescio ribatte: “Malvino ci ripropone la bufala di Newman omosessuale”. Qui rimanda a due suoi vecchi interventi, a margine della polemica sollevata da Peter Tatchell, nel 2008, in occasione della traslazione delle spoglie di Newman in luogo più degno in vista della sua beatificazione, ora a giorni: l’attivista gay accusava la Chiesa di voler far sparire la più evidente prova dell’omosessualità di Newman, che aveva fortemente voluto esser sepolto nella stessa tomba – non in una tomba strettamente adiacente, ma proprio nella stessa tomba – dell’“amatissimo” confratello Ambrose StJohn; e Bottone ripeteva quanto a Tatchell aveva ribattuto fra’ Ian Ker, massimo esperto di Newman tra gli inglesi in Inghilterra, e cioè che farsi seppellire nella stessa tomba era cosa normale, a quei tempi, tra amici per la pelle, soprattutto se confratelli. In realtà, a smentire fra’ Ker (e Bottone) v’è l’estrema rarità di analoghi in epoca vittoriana, se levati i casi di marito e moglie.

Sul fatto che, seppur casto, il grande amore e la lunga convivenza tra Newman e StJohn fossero stati qualcosa di analogo a una convivenza more uxorio, e dunque a una relazione nutrita da un forte sentimento di omofilia, c’è altro: “Dal primo momento mi amò con un’intensità incommensurabile… Mi cinse teneramente il collo col braccio, mi avvicinò a lui e mi tenne così per un po’…” (The Letters and the Diaries of John Henry Newman). Qui Bottone pensa di poter negare l’omosessualità di Newman con questo argomento: “Bisogna leggere i fatti nel contesto di un’epoca in cui l’amicizia tra gli uomini del clero era molto più importante di oggi”, ma non produce fonti che lo documentino e farebbe fatica vana a cercarle, perché l’età vittoriana avrebbe giudicato di natura omosessuale, condannandola, un’attrazione dello stesso tenore.
A farglielo notare, Bottone obietta che Newman e StJohn non temevano questa condanna (“se avessero avuto qualcosa da nascondere avrebbero distrutto le lettere, non ti pare?”) e che questo prova la loro “innocenza”. Il fatto è che le frasi “compromettenti” stanno nei Diari, non nelle Lettere. Inoltre, è probabile che l’omosessualità dei due sia stata tanto platonica da farli sentire lontani dal peccato. E comunque, in Inghilterra, l’omosessualità non fu messa al bando prima del 1861, quando la relazione tra Newman e StJohn si protraeva già da più di vent’anni.
E tuttavia io avevo scritto: “Sull’omosessualità di John Henry Newman e sulla sua pluridecennale convivenza more uxorio con Ambrose StJohn non ci sono dubbi”. Non ho scritto che i due scopassero come ricci, ma solo che la loro non può essere considerata una semplice amicizia, né con gli occhi di oggi, né con quelli di ieri: si trattava di un matrimonio di fatto, forse in regime di astinenza sessuale, ma non privo delle passioni, delle tenerezze e delle sollecitudini che fanno felicemente riuscito un matrimonio, né privo di quella sensazione di fondare un rapporto carnalmente esclusivo come nella volontà di riposare insieme nella stessa tomba. Per Bottone, “la chiusa di una lunga storia d’amore cristiano”. Mariti e mogli non si facevano seppellire insieme già prima dell’avvento di Cristo? E quanti “amori cristiani” – tra cristiani dello stesso sesso – hanno avuto chiusa in una tomba comune?

“Ho sempre pensato che non vi fosse lutto paragonabile a quello di un marito o di una moglie, ma mi risulta difficile credere che ve ne sia uno maggiore del mio”. Bottone legge che Newman “dice di soffrire non come, ma più di un vedovo, ossia che il loro legame non era coniugale ma più forte”. A me pare che Newman abbia fatto una correlazione proporzionale tra intensità del dolore e intensità del legame coniugale, per quella piana logica lessicale che qui lo vede come vedovo massimamente sofferente, praticamente inconsolabile, senza neanche un santo “fiat voluntas Dei”, alla faccia della fede nella vita eterna, del potersi dare appuntamento col moroso nella gloria del Signore, del potersi ancora abbracciare teneramente dopo la resurrezione della carne. Mi pare un lutto assai terreno, assai fisico, assai fisiologico per una coppia fin lì unita da una appagante convivenza, e assai poco consolato dalla prospettiva ultraterrena.
Ma per Bottone, in relazione alla traslazione delle spoglie del santificando, “la questione non è se Newman sia stato omosessuale, domanda morbosa e stupida, ma piuttosto perché non è stata rispettata la sua volontà e perché insieme al suo non è stato trasferito anche il corpo di Ambrose StJohn”. Sulla seconda questione, Bottone non ha che da chiederlo alle gerarchie ecclesiastiche; sull’omosessualità di Newman – spiace contraddirlo – nulla di morboso o di stupido, perché un omosessuale – casto o no – non potrebbe fare il prete, dicono le medesime gerarchie ecclesiastiche, e un prete che sia stato insieme prete e omosessuale insieme (anche senza aver mai ceduto alla pratica omosessuale) non potrebbe esser fatto santo (usurpazione di ministero), e Newman sta per esser fatto santo, per giunta con la certificazione di un miracolo farlocco, sotto un pontificato che ha dato il via ad una forsennata “caccia al ricchione” nei seminari, in quegli stessi seminari dove fino a qualche tempo fa “ci dicevano: «Uno dei segni della vocazione è che non ci piacciono le donne»”.

Ero arrivato alle spericolate manovre di arrampicamento sugli specchi di Bottone di due anni or sono, di link in link, partendo da un articolo di Alan Bray da lui citato in uno dei suoi due interventi del 2008, senza peraltro riuscire a produrre argomenti significativi in obiezione alla tesi lì ottimamente esposta e brillantemente documentata:  “Spiritual same-sex friendships have been celebrated in the history of the Church with rites that gave them a standing akin to marriage”, e quella di Newman e StJohn non può che essere interpretata come tale.
Ma Bottone lavora presso la University College of Dublin, di cui Newman fu padrino, e dunque gli è d’obbligo la difesa della virilità di uno dei cardinali che è stato universalmente riconosciuto (anche dai suoi contemporanei) tra i più effeminati della storia della Chiesa, per il buon nome della ditta che gli dà nutrimento materiale e per il buon nome della ditta che gli dà nutrimento spirituale.

[Penso di aver tralasciato un sacco di altre cose: lo strano viaggio a Roma di Ambrose StJohn, nel 1867, il modo in cui il clero cattolico giustificò la sepoltura comune alla morte di Newman e dopo, la strana assenza di resti nella tomba alla sua apertura nel 2008, ecc. Ci tornerò sopra se Bottone crederà sia il caso.]

7 commenti:

  1. Malvino non ha dubbi. Ne avrebbe se avesse letto Newman e non solo qualche articoletto
    trovato su internet.

    Ambrose StJohn morì inaspettatamente il 24 maggio 1875, nonostante il fatto che il medico avesse previsto una guarigione. Nei giorni successivi Newman scrisse molte lettere ad amici e conoscenti, sia laici che religiosi, per comunicare la notizia e per esprimere il suo profondo dispiacere. Egli si sentiva in qualche modo colpevole di quella morte perché riteneva di avere caricato StJohn di un lavoro eccessivo. In queste lettere ripete più volte il racconto degli ultimi momenti della vita dell’amico. Dopo alcuni giorni di delirio StJohn aveva perso quasi del tutto l’uso della parola ma non le forze fisiche. Intorno a mezzogiorno del 24 maggio 1875 Newman, allora settantaquattrenne, ed il suo segretario padre William Neville dovettero faticare molto per impedire a StJohn di vagare nella casa. Lo misero a sedere sul letto e a quel punto StJohn, abbracciando Newman, tentò di sussurrargli qualcosa, forse che stava morendo, come effettivamente avverrà di lì a poche ore. A questo momento si riferiscono le parole riportate da Malvino del tutto fuori contesto. “Mi cinse teneramente il collo col braccio, mi avvicinò a lui e mi tenne così per un po’ ”. Un lettore senza pregiudizi non vi troverebbe assolutamente nulla di compromettente ed infatti Newman le ripete più volte nella corrispondenza dei giorni successivi. (vedi Letters and Diaries, vol. 27, pp. 310 e seguenti. Solo chi non ha letto le lettere può scrivere che appaiano unicamente nei diari.)

    Insomma, una tumulazione pubblica che non destò alcuno scandalo ed un paio di espressioni citate fuori contesto sarebbero per Malvino le prove indubitabili dell’omosessualità di Newman. Tutto qui?

    Ho già espresso la mia ammirazione per il lavoro di Alan Bray, pur non condividendo tutte le sue interpretazioni. Concordiamo però sul fatto che quella di Newman e StJohn fosse una amicizia spirituale fra persone dello stesso sesso (spiritual same-sex friendship) come egli afferma anche nell’articolo del 2001 comparso sul settimanale cattolico The Tablet e qui ripreso da Malvino, il quale non si accorge di citare un’opinione autorevole a suo sfavore.
    In The Friend, che ovviamente Malvino non ha letto, Bray sostiene che la condivisione di una tomba non è prova di omosessualità e che anzi “the inability to conceive a relationship in other than sexual terms says something of contemporary poverty” (p. 6) Miseria, appunto, di chi non riesce a concepire una relazione affettiva tra due uomini se non in termini omosessuali.

    A questo punto sono proprio curioso di sentire quali altre fantastiche rivelazioni Malvino ci farà. Dicci, dicci, chi ha trafugato il corpo di Newman? In quali strani traffici era coinvolto StJohn a Roma?
    Questa volta però, per favore, fornisci ai tuoi lettori qualche referenza testuale, qualche prova indubitabile.

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  2. La Congregazione per l’Educazione Cattolica licenziava nel 2005 un’Istruzione nella quale – per la prima volta in modo esplicito – si faceva divieto all’ordinazione di sacerdoti omosessuali, senza nulla decidere riguardo agli omosessuali già fatti preti. Si sarebbe dovuto aspettare il 2010 perché una Nota del Vicariato di Roma, a seguito della pubblicazione di un’inchiesta di Panorama che documentava le “notti brave” di alcuni sacerdoti gay, dichiarasse che un prete omosessuale di fatto non è un prete (al momento senza avallo della Congregazione per il Clero). Ciò che fin dal 2005 destava le mie perplessità riguardo all’Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica era la patente contraddizione con quanto il magistero morale della Chiesa dichiara riguardo all’omosessualità: gravissimo peccato praticarla, ma in regime di perfetta castità non fa ostacolo alla salute dell’anima. E allora perché porre divieto all’ordinazione sacerdotale ad un seminarista omosessuale? Omosessuale o no, un prete fa voto di castità: se lo infrange, non commette comunque un grave peccato?
    Esprimevo questi dubbi in due editoriali per Notizie Radicali (Ratzinger apre la caccia al ricchione – 18.9.2005; Il seminarista sia munito di certificato medico – 24.11.205) e tornavo sulla faccenda quest’anno, su Malvino, per sottolineare ancora la contraddizione (pg ≠ p – 30.7.2010) e per prendere ad esempio il caso di John Henry Newman (pg ≠ p, salvo eccezioni – 1.8.2010), omosessuale (ma presumibilmente casto), ciò nonostante prete (addirittura cardinale) e (quasi) santo. Sull’omosessualità di Newman, sul tenero affetto che lo legò per tutta la vita ad Ambrose StJohn, sulla loro felice convivenza ultratrentennale, sul dolore che Newman paragonò a quello vedovile alla morte di StJohn e sulla loro sepoltura nella stessa tomba per l’imperative will di Newman, non ho fatto altro che giudicare i fatti, sempre sottolineando che non mi interessava affatto se questo amore fosse casto e limitato alle tenerezze, agli abbracci e alle affettuose sollecitudini reciproche di cui abbiamo ampia testimonianza nei diari e nelle lettere di Newman o se invece fosse pienamente realizzato nella sua dimensione sessuale, ritenendolo del tutto secondario al fine di verificare se davvero, per la Chiesa, pg ≠ p.
    [segue]

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  3. A contestare le mie affermazioni ho trovato Angelo Bottone: “Malvino ci ripropone la bufala di Newman omosessuale”. Gli argomenti che Bottone ha prodotto nella garbata polemicuzza che abbiamo tenuto sulla faccenda sono gli stessi che usò nel 2008, quando egli definì “speculazioni senza fondamento” le affermazioni di Peter Tatchell e di Alan Bray, in tutto analoghe alle mie. Sulla decisione di farsi seppellire nella stessa tomba, per Bottone, “bisogna leggere i fatti nel contesto di un’epoca in cui l’amicizia tra gli uomini del clero era molto più importante di oggi”. Gli ho chiesto quanti uomini del clero si siano fatti seppellire insieme nella seconda metà del XIX secolo e non ha voluto darmi una risposta, forse per non ammettere che un tal genere d’amicizia non fosse tanto comune o comunque non così manifestamente esibita.
    In compenso, Bottone mi accusa di non riuscire a cogliere la natura di quella che lo stesso Bray ha definito “spiritual same-sex friendship”, dimenticando però che questa espressione è stata usata in questo contesto: “Spiritual same-sex friendships have been celebrated in the history of the Church with rites that gave them a standing akin to marriage”. “Akin to marriage”: equivalente a un matrimonio. E cosa avevo detto di diverso, io, parlando di una relazione “more uxorio”?
    Non è tutto. Bottone afferma: “Bray sostiene che la condivisione di una tomba non è prova di omosessualità e che anzi «the inability to conceive a relationship in other than sexual terms says something of contemporary poverty»”. Vero, ma bisogna leggere l’intera frase, che continua così: «… or, to put the point more precisely, the effect of a shaping concern with sexuality is precisely to obscure that wider frame». La più ampia cornice, per Bottone, sarebbe un “amore cristiano”; per me, invece, è qualcosa che rivela la scelta di un partner, la convivenza, la reciproca corrispondenza di un affetto esclusivo. Non ci si fa seppellire con chiunque, d’altronde.
    Restano da puntualizzare ancora alcuni elementi, tutti relativi ai rapporti tra Newman e la Chiesa, peraltro sollevati proprio da me.
    Nel 1867 è in discussione il dogma dell’infallibilità papale che di lì a poco il Concilio Vaticano I formalizzerà e Newman è fra i contrari. A precisare la sua posizione a Roma viene mandato il suo amatissimo StJohn, che deve chiarire anche altre questioni relative ai metodi pedagogici di Newman, non troppo graditi ai suoi superiori. Le pressioni su StJohn sono in perfetto stile curiale, mollemente insinuanti e paternamente minacciose, fino all’accenno a un punto “personale” sul qualche Newman sarebbe stato vulnerabile (lettera di Henry Bittleston del 30 aprile 1867). Quale?

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  4. Malvino, ti ho già risposto e tu continui a chiedermi quanti uomini del clero si siano fatti seppellire insieme.
    Quella della sepoltura in comune non è una questione di frequenza ma di valore. Né Newman né i suoi contemporanei hanno visto in questo gesto, certamente poco frequente, il significato che tu vorresti dargli oggi. Eviti di rispondere alla mia obiezione principale: perché quella sepoltura non scandalizzò nessuno dei ventimila presenti? Il fatto che sia stata più o meno rara è minimamente rilevante se confrontato con il valore performativo del gesto stesso, valore sia per chi lo ha compiuto che per il contesto in cui è stato realizzato. E qui mi rifaccio al lavoro di Bray ("speculazioni senza fondamento" non sono le sue affermazioni ma l'uso che ne fa Peter Tatchell, che tu ripeti senza originalità).
    Se la frase di Bray che io ho citato vuoi leggerla interamente allora fallo dall'inizio del paragrafo e vedrai che 'wider frame' non si riferisce certo all'omosessualità. Possibile che non ti accorgi di portare argomentazioni a tuo sfavore? Bray sta appunto sostenendo che il limite del dibattito contemporaneo sta nell'incapacità di concepire una relazione se non in termini sessuali e che il concentrarsi sulla sessualità, come hai anche tu fatto dal primo momento, oscura il valore dell'amicizia spirituale.
    Inoltre akin in inglese non significa equivalente ma simile. In ogni caso è proprio su questo punto che trovo debole l'interpretazione di Bray nel senso che, almeno per quanto riguarda Newman e StJohn (sugli altri casi non mi pronuncio) e per i motivi appena riproposti, la sepoltura comune non ha conferito alla loro amicizia spirituale uno status lontanamente paragonabile a quello di due coniugi, proprio perché una vita o una sepoltura 'more uxorio' richiedono se non l'esercizio almeno un espresso desiderio carnale. Questa dimensione, fino a prova contraria, manca del tutto nella relazione tra Newman e StJohn che pertanto è appropriato chiamare amicizia spirituale, escludendo qualsiasi componente omosessuale.
    In poche parole, Newman non era omosessuale o almeno sicuramente non lo era nel rapporto con StJohn. Se poi questa indubitabile prova contraria esiste, sono pronto a considerarla.

    Un'ultima precisazione. Tu parli di scelta di un partner, convivenza e reciproca corrispondenza di un affetto esclusivo. In realtà credo che non tolga nulla al loro rapporto di stretta amicizia, o amore cristiano se preferisci, il ricordare che non furono partner ma confratelli, all'interno di una comunità. Non si scelsero, non vissero mai soli e la loro amicizia non escludeva altri. Proprio la sepoltura lo dimostra. Infatti, chiedendo di utilizzare la tomba di StJohn, Newman intendeva collocarsi tra quella di padre Joseph Gordon, che egli aveva definito 'la vita del nostro Oratorio' in occasione della prematura scomparsa cinquanta anni prima, e quella di padre Edward Caswall, il loro Superiore. Newman, per motivi diversi, si sentiva responsabile della loro scomparsa e questo era il modo di riconciliarsi con loro tutti. Poco dopo la morte di StJohn scrisse: What a faithful friend he has been to me for 32 years! Yet there are others so faithful. What a wonderful mercy it is to me that God has given me so many faithful friends! He has never left me without support at trying times. (Lettera a Maria Pia Giberne, 4 giugno 1875)
    Insomma, non si capirebbe il rapporto Newman-StJohn senza considerare la comunità religiosa di appartenenza ed i forti legami affettivi, non certo esclusivi, che questa creava tra i suoi membri. Altro che 'more uxorio'.

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  5. Da ignorante del caso specifico, se non per quanto letto qui, direi che basterbbe sostituire ai termini "omosessuale" e "omosessualità" i termini "omofilo" e "omofilia", sgombrando il campo dall'aspetto corporeo, sessuale appunto della faccenda, per rendere più forti le argomentazioni di malvino e togliere forza a quelle di Angelo.

    Tengo a precisare che, per quanto mi riguarda, se due persone in vita si vogliono bene, sono legati come suppongo fossero quei due sacerdoti (i dettagli sono rigorosamente affari personali), solo un'infinita malizia può vedere in ciò qualcosa di negativo.

    La malizia, nel caso specifico, sta, paradossalmente se vogliamo, più dalla parte di chi crede che da quella di chi non crede.

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