sabato 7 agosto 2010

Triora, la molto poco misteriosa



Alberto Cane ci offre nella buona riproduzione fotografica di un dettaglio (vedi foto qui sopra) l’anteprima di un dipinto che a giorni sarà presentato al pubblico dopo un recente restauro: si tratta di una Visione di San Giovanni di Matha (Anonimo, XVII sec. [?]), conservata nell’Oratorio di San Giovanni Battista di Triora (Im), e del particolare in questione Alberto scrive che si tratta di “una rappresentazione della Trinità che sfugge a tutta l’iconografia classica”.
Questo non è corretto, perché abbiamo moltissime Trinità nelle quali sono antropomorficamente raffigurate tutte e tre le persone (anche se prevale la scelta di dare allo Spirito Santo le sembianze di una colomba), e molte nelle quali queste sono raffigurate con la triplicazione dello stesso soggetto (angelo imberbe, vegliardo barbuto, ecc.), come nel caso che ad Alberto pare originale. C’è infatti da rammentare che nell’iconografia trinitaria di molte Chiese orientali (ma anche di quella copta, per esempio) non è rara la riproduzione delle tre persone della Trinità secondo il modello introdotto da Andrej Rublev (1360-1430) sulla base del racconto biblico in Gen 18, 1-15, poi adottato come il più fedele sul piano teologico dallo Stoglavyj Sobor del 1551 e, salvo un dettato tridentino tardivamente e poco accolto, mai sostanzialmente rigettato in occidente, né sul piano formale, né su quello concettuale (Fig. 1).

Fig. 1 - Rappresentazioni della Trinità con triplicazione dello
stesso soggetto: (a) icona rubleviana (XV sec.); (b) Codice miniato (XV sec.);
(c) Pala di abside (XVI sec.); (d) Icona copta (XVII sec.);  (e) Affresco etiope (XVIII sec.);
(f) Santino votivo (XX secolo).

Analoga correzione deve essere fatta riguardo a ciò che Alberto scrive riguardo al  “grande triangolo rovesciato”, che gli pare somigliare a “quello dei massoni”, che invece è a vertice superiore (Fig. 2a): si tratta – assai più semplicemente – del triangolo rovesciato che riassume il dogma trinitario, così come descritto nella Summa theologiae di Tommaso (Fig. 2b).


Insomma, niente di eccezionale in questa Trinità, che peraltro si rivela opera di pressoché nullo pregio sul piano artistico. Si tratta di una tavola lignea, come rivela il dettaglio del margine (Fig. 3a), che mostra grossolano accostamento dei listati (Fig. 3b), rozza distribuzione del pigmento (Fig. 3c) e pedestre tecnica, come è apprezzabile per la voluta del mantello del Figlio (Fig. 3d) e la mano sinistra dello Spirito Santo (Fig. 3e).

 

Nessun problema per l’attribuzione, dunque, giacché all’Anonimo conviene restar tale. A naso, almeno per il particolare della Trinità qui preso in considerazione, propenderei per una copia di infima mano, eseguita avendo a modello una miniatura di codice del XIII o del XIV secolo.

6 commenti:

  1. Tanto di cappello per questo post. L'avevo detto che non ero un esperto.

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  2. Si prende atto delle dotte precisazioni, anche se sicuramente non si tratta di una tavola lignea, bensì di una tela.
    Sandro Oddo, segretario Pro Triora

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  3. @ Sandro Oddo
    Si prende atto del trattarsi di una tela e dunque la qualità del dipinto è ancora più scadente di quanto pensassi, perché la pessima distribuzione del pigmento, che su tavola può subire una qualche alterazione per lo stato del supporto, su tela è da attribuire tutta alla mano dell'autore. A meno che il restauro non sia stato infelice.

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  4. Concordo pienamente sulla scarsissima qualità pittorica dell'opera, al punto di essermi chiesto se non ci fosse proprio nulla di meglio da restaurare in Liguria.
    Poi ho riflettuto che probabilmente l'opera, pur nella sua bruttezza e goffaggine, potrebbe costituire un interessante documento storico sul ruolo dei Trinitari in quelle terre duramente colpite dal flagello della pirateria barbaresca (visto che l'ordine fondato da S. Giovanni di Matha si occupava precipuamente del riscatto dei cristiani rapiti e resi schiavi dai "turchi")

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  5. Al di là di queste precisazioni, vorrei chiarire che nessuno ha mai affermato che il dipinto in questione fosse un capolavoro. Semplicemente, in zona, l'iconografia era pressoché sconosciuta e testimonia (come recitano anche gli atti relativi alle visite pastorali) la presenza in loco di un Ordine dei Trinitari.
    Si si dovessero citare, in alta valle Argentina, dipinti quanto meno prestigiosi, si farebbe riferimento alla tavola del 1397 di Taddeo di Bartolo o altre due tavole tardotrecentesche (o d'inizio del secolo successivo) o una tavola di san Nicola da Tolentino. Senza dimenticare tuttavia gli affreschi di san Bernardino, di san Bernardo o della Madonna della Montà.
    Verso la fine del Cinquecento e nel Seicento furono attivi diversi pittori locali, che forse non saranno noti al dott. Castaldi, ma che testimoniano una vitalità insolita. Mi riferisco ai Rebaudo (Agostino e Bernardino), ai Gastaldi (Battista, Lorenzo e Gio Batta) attivissimi fino a Nizza e nel basso Piemonte.
    Dico tutto questo per esprimere la soddisfazione di essere conterraneo di questi artisti anche se fra di loro non vi furono vere e proprie "eccellenze" ma bravi ed appassionati artigiani.
    Cordiali saluti.

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  6. @ Sandro Oddo
    Mi compiaccio del suo compiacersi. Auguri.

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