Fini, Casini, Rutelli e Lombardo non vogliono le elezioni subito: ciascuno da solo o tutti e quattro insieme devono ancora mordere l’alluce al bipolarismo per non rischiare. Bersani le vorrebbe il più tardi possibile: non è assolutamente pronto e chissà quando lo sarà, se mai lo sarà. Bossi non le vuole prima di aver avuto il federalismo: se anche stavolta torna a Pontida a mani vuote, dei fucili padani dovrà aver paura lui.
Di Pietro vorrebbe le elezioni subitissimo, sicuro di poter levare voti a un Pd che ormai li regala, domani chissà. Idem per Grillo, sicuro di poterne levare a Di Pietro e al Pd. Idem per Vendola, che le vorrebbe domani: più tardi si andrà alle urne, più difficile sarà vincere le primarie. Subitissimo le vorrebbe pure Berlusconi, che però non vuole assumersene la responsabilità e disperatamente spera che Fini gli offra un’occasione: farà di tutto per farsela offrire, ma deve stare attento a non creare condizioni che diano al Quirinale ragioni per cercare in Parlamento i numeri di un governo tecnico o istituzionale.
Di Pietro vorrebbe le elezioni subitissimo, sicuro di poter levare voti a un Pd che ormai li regala, domani chissà. Idem per Grillo, sicuro di poterne levare a Di Pietro e al Pd. Idem per Vendola, che le vorrebbe domani: più tardi si andrà alle urne, più difficile sarà vincere le primarie. Subitissimo le vorrebbe pure Berlusconi, che però non vuole assumersene la responsabilità e disperatamente spera che Fini gli offra un’occasione: farà di tutto per farsela offrire, ma deve stare attento a non creare condizioni che diano al Quirinale ragioni per cercare in Parlamento i numeri di un governo tecnico o istituzionale.
I peones di ogni colore potrebbero volere o non volere le elezioni – tutto dipende con quale legge elettorale si va alle urne e quanta lealtà possano fin qui aver mostrato a chi dovrà decidere se ricandidarli o no – e tuttavia sono di così basso livello – il Parlamento più bifolco e ottuso di tutta la storia della Repubblica – da non poter essere coordinati neppure da un qualche inconscio collettivo. C’è più coordinazione di microrganismi su un cadavere che trasversalità tra eletti grazie a un Porcellum. Si possono immaginare acquisti di Berlusconi in campo avverso, ma pure plotoni di franchi tiratori, cecchini impazziti, diserzioni in massa o alla chetichella.
Insomma, se si andrà alle elezioni prima del 2013, e quando, non dipende da nessuno dei protagonisti in scena e nemmeno dai caratteristi, dalle comparse, dai figuranti. Non dipende neppure da Napolitano, che ha come unico fine quello di essere trattato bene dagli storici, chiunque sia destinato a vincere e perciò a scrivere la storia. Non si sa da chi cazzo dipenda, la legislatura, e questo ci spinge a credere che allora esista un destino comune. Siamo in una situazioncina davvero interessante, non c’è che dire.
Quando tornerebbero utili, i cosiddetti poteri forti latitano, come se non esistessero, o stanno a guardare, come se non fossero poi così forti da poter decidere chi innalzare e chi affossare. Anche la magistratura più istintiva rimane indecisa con l’istinto a mezz’aria, come terrorizzata dall’eterogenesi degli eventi. La corte berlusconiana si arrocca, sbraita dai merli, e più sbraita, più pare sbraitare per darsi coraggio: lo stato maggiore, l’anticamera e le carrette di puttane potrebbero darsi la morte insieme al Duce, ma pure dilaniarlo a brani per guadagnare qualche favore o qualche lasciapassare. L’avversario più forte vede il Regime vacillare, ma ha una fottuta paura che cada crollandogli addosso, spiaccicandolo. Gli altri sono così volatili da poter ben sperare di stare a volteggiare sulle macerie, ma pure hanno paura d’essere spazzati via dallo spostamento d’aria.
Insomma, se si andrà alle elezioni prima del 2013, e quando, non dipende da nessuno dei protagonisti in scena e nemmeno dai caratteristi, dalle comparse, dai figuranti. Non dipende neppure da Napolitano, che ha come unico fine quello di essere trattato bene dagli storici, chiunque sia destinato a vincere e perciò a scrivere la storia. Non si sa da chi cazzo dipenda, la legislatura, e questo ci spinge a credere che allora esista un destino comune. Siamo in una situazioncina davvero interessante, non c’è che dire.
Quando tornerebbero utili, i cosiddetti poteri forti latitano, come se non esistessero, o stanno a guardare, come se non fossero poi così forti da poter decidere chi innalzare e chi affossare. Anche la magistratura più istintiva rimane indecisa con l’istinto a mezz’aria, come terrorizzata dall’eterogenesi degli eventi. La corte berlusconiana si arrocca, sbraita dai merli, e più sbraita, più pare sbraitare per darsi coraggio: lo stato maggiore, l’anticamera e le carrette di puttane potrebbero darsi la morte insieme al Duce, ma pure dilaniarlo a brani per guadagnare qualche favore o qualche lasciapassare. L’avversario più forte vede il Regime vacillare, ma ha una fottuta paura che cada crollandogli addosso, spiaccicandolo. Gli altri sono così volatili da poter ben sperare di stare a volteggiare sulle macerie, ma pure hanno paura d’essere spazzati via dallo spostamento d’aria.
Siamo in uno di quei momenti della storia patria in cui solo una strage, una calamità naturale o una grave crisi internazionale potrebbe farci uscire dallo stallo. Speriamo bene.
hai descritto una crisi di sistema.
RispondiEliminanei novanta ne uscimmo, almeno apparentemente e temporaneamente, con una sorpresa: B.
no, le bombe sono sempre possibili ma non credo.
tremonti potrebbe essere un buon ripiego per tutti, anche per B. (il quale dovrebbe ricevere altissime assicurazioni sul suo futuro).
c'è un incomodo che alla fine forse deciderà per tutti: la crisi, magari un po' di grecia.
è sul 2 a zero che diamo il meglio ....
Potremmo assaporare questi momenti di decadenza, no?
RispondiEliminadunque ci vuole un Pietro Micca che entri nel palazzo avvolto in un tricolore e si faccia brillare con un barile di tritolo gridando "viva l'italia!"
RispondiEliminaprima però dobbiamo trovare un accordo su una piattaforma comune per la condivisione delle regole che porteranno alla definizione dei criteri della legge elettorale per scegliere i membri del consiglio nazionale che eleggerà il prode volontario.
applausiper il pezzo magistrale, lo condivido con gli amici e sul blog
RispondiEliminaForse ricordo male, ma credo che da questa legislatura bisogna avere almeno 5 anni di anzianità. Non che cambi molto, ma almeno cade l'incentivo ad andare a elezioni a mezza legislatura passata.
RispondiEliminaNoooooooooooooo, non dirmelo!!! Povero Perduca che ci teneva tanto!!!
RispondiEliminaBravo maestro, come sempre una gran bella analisi. Cmqe negli ultimi tempi il sor Gillioli sull'Espresso ti sta facendo ottimamente concorrenza, sai? Per il mio gaudio: così vi posso leggere a tutti e due.
RispondiEliminaConfermo. I parlamentari correntemente alla loro prima legislatura, per maturare il diritto al vitalizio (che riscuoteranno a partire dai 65 anni, “scontabili” al crescere degli anni di mandato), devono aver trascorso 5 anni effettivi alla Camera od al Senato. Anche prima il limite era di 5 anni, raggiungibili però anche con versamenti integrativi volontari a partire dai famosi due anni e sei mesi di legislatura.
RispondiEliminaPrima ancora, era sufficiente poggiare le chiappe sullo scranno per poter facilmente arrivare a maturare la pensione: famoso in tal senso il caso dei radicali Pezzana, Graveri, Boneschi ed Andreani, dimessisi il primo giorno di mandato, che hanno potuto versare i contributi mancanti in modo da arrivare ai 5 anni necessari.
Grazie della correzione: correggo il tempo nel punto segnalato.
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