lunedì 22 marzo 2010

"Comando del Signore", ma pure della Segreteria di Stato?


Silvio Berlusconi ha ormai per certo che il risultato della partita nel Lazio avrà importanti ripercussioni sulla tenuta del suo governo, cioè della sua stessa sorte politica, cui è indissolubilmente legata quella personale. Sa che si sta giocando il culo, insomma.
La sconfitta di Renata Polverini, che fino a poco fa poteva pure tornargli utile per tentare di chiudere i conti con Gianfranco Fini, oggi sarebbe una sua sconfitta, con l’abbrivio di quel processo di indebolimento della maggioranza di governo, che al momento è solo nelle sue contraddizioni interne, peraltro sempre più evidenti. Sa che la sconfitta del centrodestra nel Lazio darebbe una pericolosa accelerazione al ricompattamento delle opposizioni: non ancora la sua fine, ma qualcosa in più del suo inizio. O almeno così sente. O meglio – si dovrebbe dire – così appercepisce.
Fisiologico che chieda aiuto alla Santa Sede, che nel Lazio conta qualcosa. Fisiologico che lo faccia da mercante, con un’offerta. Ed eccolo lodare Benedetto XVI, ascrivendogli le virtù che fanno grande un uomo di potere dinanzi a un’emergenza, che in questo caso è l’incalzante critica alle responsabilità della Chiesa nella gestione dell’annoso problema dei suoi sacerdoti pedofili, ma in filigrana è il paradigma stesso di emergenza, quello che tante volte gli è stato utile per cucirsi addosso le stesse virtù.
Dice che il papa è “chiamato a confrontarsi con situazioni difficili, che diventano motivo di attacco” a lui e alla baracca cui sta a capo: un “attacco” che può portargli solo chi “si lasci guidare da sentimenti pregiudizialmente ostili”. È che anche il papa ha un suo Partito dell’Amore e la joint venture è una tentazione d’obbligo.

Potrebbe funzionare, se non fosse che a tendergli la mano non è la Santa Sede, ma la Cei. È il suo presidente, il cardinale Angelo Bagnasco, a porre ufficialmente il veto sul nome della Bonino: l’elettore che voglia dirsi tranquillamente cattolico, senza che a smentirlo sia la Chiesa cattolica, non può che votare la Polverini, e “questo obbligo assurge alla dignità di comando del Signore, dunque non si può venir meno”. E però Bagnasco ha un mandato dalla Segreteria di Stato Vaticano o l’iniziativa è sua?
Non è questione di poco conto: se ha corrisposto all’offerta di Berlusconi senza aver prima avuto l’ok del cardinal Tarcisio Bertone, all’orizzonte si profilano guai.
Se la Bonino vince, la Santa Sede si troverà nell’imbarazzante condizione di esserle stata ostile in campagna elettorale, se non direttamente, indirettamente, sottoscrivendo col silenzio le parole del presidente della Cei. Parole che, d’altra parte, non può delegittimare pubblicamente: Bagnasco non ha fatto altro che tradurre in una pastorale a fini elettorali il magistero morale che la Chiesa impartisce ai suoi fedeli. Poteva non farlo, dandolo per scontato, e in fondo non ha fatto nomi, vi ha solo fatto eloquente allusione. Ma il problema resta, ed è lo stesso che ha fin qui contraddistinto la stagione post-ruiniana: la chiesa locale non sarebbe autorizzata a tenere relazioni politiche, perché la Santa Sede vuol riservarsi l’ultima parola, ma ancora una volta la Cei gliela toglie, con ciò impedendole – nel caso – il suo santo esercizio di Ostpolitik.

Non ci saranno conseguenze per questa iniziativa del cardinal Bagnasco, non se la Bonino perde. Se la Bonino vince, invece, li vedremo ancora – come diceva Benedetto XVI? – sbranarsi. E avrà la peggio Bagnasco, c’è da giurarci.

4 commenti:

  1. per fortuna che hai messo il redirect.

    e per fortuna che ho trovato pure il feed:

    http://malvinodue.blogspot.com/feeds/posts/default

    se non vuoi indicarlo nella colonna a lato cancella pure questo commento.

    saluti.

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  2. Correggi 'join venture' con 'joint venture', Malvi', e non pubblicare questo post. :)

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  3. E perché no? Grazie per la correzione, piuttosto.

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  4. Adinolfi ha espresso la sua preferenza per la Bonino. Dobbiamo preoccuparci?

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