lunedì 22 marzo 2010

I radicali indulgenti verso la pedofilia?


Non è la prima volta che ai radicali viene rivolta l’accusa di coltivare – o almeno di aver coltivato in passato – qualche indulgenza di troppo nei confronti della pedofilia. L’accusa è ripetuta, oggi, da don Fortunato Di Noto, su Libero di domenica 21 marzo, ma non è la prima volta, perché l’ha già fatto molte volte, dal 2000 in poi, e sempre quando ad essere accusati di abusi sessuali su minori erano dei preti: alle accuse che in queste occasioni i radicali hanno puntualmente mosso alla Santa Sede, come responsabile di quella rete di copertura che di fatto ha sottratto per lunghissimo tempo alla giustizia civile i preti che hanno compiuto violenze su bambini, don Fortunato Di Noto ha risposto e risponde rispedendo l’accusa al mittente.

Ad analizzare con più attenzione questo meccanismo riflesso, si evidenzia in esso – prefigurandolo – quel “difendersi contrattaccando” che Giuliano Ferrara consigliava alle alte gerarchie vaticane non più d’una settimana fa, in risposta alle critiche che piovono sulla Chiesa di Roma da tutti i paesi nei quali la pedofilia del clero cattolico è emersa per entità come vero e proprio «fenomeno».
Consiglio che in buona sostanza è stato raccolto dal cardinale Camillo Ruini, prima, e dallo stesso Benedetto XVI, poi: la pedofilia dei preti cattolici – questo è quanto il Vaticano manda a dire al mondo – sarebbe esclusivamente colpa dei tempi moderni e della liberalizzazione dei costumi sessuali. Si vorrà negare che i radicali non ne siano responsabili in qualche misura?

Ma donde può trarre spunto l’accusa ai radicali che don Fortunato Di Noto ripete per l’ennesima volta dalle pagine Libero? Da un convegno dal titolo «Pedofilia e internet» che i radicali tennero nell’ottobre del 1998 e nel corso del quale si sarebbe affermato che “la pedofilia è un orientamento sessuale come un altro”.
Bene, la citazione è infedele: nel corso di quel convegno l’affermazione non fu mai fatta. Vi furono, è vero, due posizioni – peraltro isolate – che in modo strumentale potrebbero essere lette nel senso che tornerebbe utile a don Fortunato Di Noto, ma in realtà erano più articolate.

La meglio articolata fu quella di Olivier Dupuis, che testualmente disse: “Non si può racchiudere sotto il titolo giornalistico di «pedofilia» ogni forma di rapporto sessuale con minorenni, anche nei casi in cui non si tratti di bambini, ma di ragazzi e ragazze che non si possono considerare completamente irresponsabili nel solo campo sessuale. Bisogna difenderli, come tutti, dalle violenze, ma non anche dai «propri» desideri e dalle proprie tendenze sessuali”.

Fu Daniele Capezzone, invece, e non da quel convegno, ma due anni dopo, nel corso di un’intervista rilasciata a Radio Vaticana (5.12.2000), a dire, e sacrificando ogni articolazione, per quella sua viziosa inclinazione alla sintesi, che può tornare utile solo a un portavoce di partito: “Al pari di qualunque orientamento e preferenza sessuale, la pedofilia non può essere considerata un reato”.
Si era espresso meglio quattro mesi prima: “Quel convegno fu organizzato per difendere Internet da una legge liberticida, che approfittava dell’emergenza pedofilia per imbavagliare la rete. Non era un dibattito a favore dei pedofili, ci mancherebbe” (Libero, 20.8.2000).

Ciò che don Fortunato Di Noto pensa di avere in pugno contro i radicali è tutto qui.

1 commento:

  1. Si era espresso assai meglio nel presentare le ragioni del convegno, a Radio Radicale, a metà ottobre del 1998: “Sapete che da molti mesi è in atto in Italia una campagna mediatica e giudiziaria sui temi della pedofilia, e in generale della sessualità dei minori, all’insegna della strategia della tensione, una campagna di tipo emergenziale. Rispetto a questa campagna noi vogliamo porci alcune domande. È possibile che, quando si parla di pedofilia o comunque di vicende sessuali che parlano di minori, si ignori il dato fondamentale offerto dalle statistiche per cui il 98% delle violenze commesse nei confronti dei minori avvengono in famiglia, nella scuola, addirittura in parrocchia, e comunque negli ambienti che vengono detti di formazione, che sono sempre più, a nostro avviso, di deformazione e di malformazione? È possibile che tutte le volte che si parla di questi temi, ad esempio della sessualità dei minori e degli adolescenti, il minore venga comunque presentato come un oggetto di un rapporto sessuale, negandogli quella consapevolezza e quella responsabilità che in ogni altro campo della sua vita di relazione gli viene invece riconosciuta? È possibile che la campagna oscurantista in corso divenga il pretesto per commissariare internet per una campagna di caccia alle streghe? È possibile che tutto questo divenga il pretesto per introdurre anche in questo campo una legislazione proibizionista che consegnerà nuovi settori di guadagno alla criminalità e riproporrà la sovrapposizione antica e sempre rovinosa tra peccato e reato, tra norma morale e norma giuridica?”

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