domenica 28 marzo 2010

L'ateismo come "frutto di processi nevrotici"


“Se nella originaria visione psicoanalitica freudiana classica ogni conflitto morale risulta, in ultima analisi, di origine nevrotica, ed ogni credenza religiosa di tipo metafisico tout court illusoria se non delirante, tutta la critica successiva, a partire da Jung ne ha evidenziato l’eccessivo riduzionismo semplificatorio, mettendo in luce il possibile connubio tra sviluppo di una struttura psichica matura e adesione religiosa, fino a chi è arrivato ad individuare, al contrario, il comportamento ateistico stesso come frutto di processi nevrotici”.
Antonio Fasol (zenit.org, 27.3.2010) costruisce la graziosa suggestione di una singolare evoluzione della psicoanalisi: dal considerare la fede una psicopatologia si sarebbe passati a considerarla compatibile con un passabile equilibrio psichico fino a considerare patologico il non aver fede.
È presto rivelato dalla nota che rimanda a pie’ di pagina che questa suggestione può reggere solo dando a tal Leonardo Ancona lo stesso peso che si voglia dare a Freud e a Jung, qualunque sia. Al momento – certo ingiustamente – questo Ancona è un semisconosciuto, e lo stesso Fasol lo cita da fonte indiretta, dal volume di un tal Mario Aletti, ingiustamente semisconosciuto pure lui. Il Fasol, d’altra parte, chi cazzo è?

In altri termini: volendo tenerci aggiornati sull’evoluzione della psicoanalisi dopo Freud e dopo Jung, a chi stiamo porgendo orecchio?
Leonardo Ancona, professore emerito dell’Università cattolica del Sacro Cuore, è membro del Comitato medico internazionale addetto a certificare la genuinità dei miracoli di Lourdes, e il curriculum vitae ha poco altro di notevole, non si va più in là del Comitato etico della Facoltà di Medicina dell’Università cattolica.
Stesso sottobosco nel quale si incrocia Mario Aletti, che si laurea in Lettere moderne presso l’Università Cattolica di Milano, piglia il baccalaureato in Teologia presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, si specializza in psicologia della religione, con particolare attenzione alle sette, arrivando a collaborare col Centro studi sulle nuove religioni (Cesnur) di Massimo Introvigne, che collabora col Gruppo di ricerca socioreligiosa (Gris), di cui il Fasol è responsabile a Verona.

Ecco dov’è finita la psicoanalisi, ecco come ripensa i meccanismi che portano alla fede: è in questo ambientino che si vanno raccogliendo prove scientifiche – o almeno costruendo la teoria – che l’ateismo sia “frutto di processi nevrotici” e, già che ci si trova, si costruiscono carriere benedette dalle gerarchie ecclesiastiche.
Come può essere finita qui, la psicoanalisi? Non ha importanza, ma è da qui che sembrerebbe indirizzata a dire sano il credente e malato l’ateo.

19 commenti:

  1. "comportamento ateistico" perché, ovviamente, non esistono atei ma solo credenti che non sanno d'esserlo. :))

    saluti, valeria

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  2. Tanto sono pronti a mandare al macero qualsiasi nuova acquisizione della cultura o della tecnica ...

    ... altrettanto son pronti, quando si sia affermata, a far carte false ed arrampicarsi sugli specchi per inquadrarla nel loro sistema fantastico.

    Dapprima, schifano indiscriminatamente; poi indiscriminatamente si ingozzano e
    il risultato finale, ovviamente, è la solita estrusione color marrone.

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  3. Per una sinecura o prebenda in qualche prestigiosa pia accademia, c'è chi si venderebbe pure la madre; figurarsi se tali individui si vergognano di scrivere quattro minchiate, quando queste risultino molto gradite a monsignore.
    A parte ciò, ritengo che l'ipotesi freudiana sulle origini del pensiero religioso, lungi dall'essere riduttiva, rimanga tuttora la spiegazione più razionale e condivisibile del perché l'essere umano tenda ad inventarsi spontaneamente e sistematicamente una divinità, cui conferire i connotati parentali tipici del genitore.

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  4. quindi non si tratta di fatti, ma di processi nevrotici, siamo ancora ai Diavoli di Loudun resi manifesti, ora, nelle forme dell'ateismo!

    mi permetto segnalare un modesto contributo ai fatti:

    http://diciottobrumaio.blogspot.com/2010/03/di-stampo-religioso-autorizzata-e.html

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  5. Anche io mi chiedo spesso se sia ossessione (ir)religiosa quando un ateo dedica 9 post su 10 a notizie sulla Chiesa Cattolica, conferendo alla divinità o alla istituzione ecclesiatica i connotati parentali tipici del genitore.
    Buona domenica a tutti e buona settimana santa!

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  6. @ Angelo
    "Ossessione"? Lei chiama "ossessione" una predilezione tematica? Ma via, dica piuttosto che le dà fastidio che a parlare della Chiesa cattolica non sia un pastore o una pecora, ma un uomo libero.

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  7. difatti, io, che sono ateo, sono anche matto :-)

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  8. @ L.C.
    la definizione di "uomo libero" è impegnativa
    come la definizione di ateo: sappiamo troppo poco della realtà per elevare le nostre convinzioni alla dignità di "verità"

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  9. @ oude
    Non le do per "verità": che io sia libero e ateo sono ipotesi, tocca a lei - o chi voglia - dimostrarle errate.

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  10. @ L.G.
    concordo sulle "ipotesi"
    non spetta a me e credo a nessuno "dimostrare" nulla: ognuno di noi ha diritto al rispetto delle sue "ipotesi" specie quando sono per loro natura "indimostrabili"

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  11. @ oude
    Per "indimostrabili" lei intende tutte quelle robe di puerpere vergini, cadaveri che resuscitano, eccetera, vero?

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  12. @ L.G.
    anche meno!
    krishnamurti diceva, negli anni trenta del secolo scorso, che "la verità non ha sentieri".
    ecco cosa intendo per "indimostrabile".
    io mi reputo piuttosto agnostico che ateo perché nel dichiararmi ateo penserei di esprimere un "giudizio" sulla realtà che non mi sento in diritto di esprimere per mancanza di "informazioni ultime".
    però non ho la pretesa di mettere etichette ad altri: ognuno faccia quello che si sente di fare, senza calpestare, possibilmente, le "ipotesi" altrui

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  13. @oude

    In primo luogo, è importante distinguere tra ipotesi e fantasie: le prime cercano un ordine nell'esperienza e nella realtà, mentre le seconde, al più, con l'esperienza e la realtà cercano degli accomodamenti.

    In secondo luogo, quando altrui si pretende autorizzato dalle proprie ipotesi/fantasie a calpestare la vita e la libertà degli altri (che quelle ipotesi/fantasie non condividono), autorizza anche, e pienamente, a cacciar via a pedate dalla scena pubblica le sue ipotesi/fantasie ... e l'altrui medesimo/i.

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  14. La scena pubblica o è un luogo neutro o non è pubblica. L'ateismo non la ingombra, la fede sì.

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  15. @ Anonimo

    sento nel suo argomentare una punta polemica che non avrebbe motivo di esistere: io non parteggio per "i nostri" contro "gli altri".
    dico solo che, socraticamente e volterrianamente, ognuno ha "diritto" di credere-non credere quello che vuole.
    e, naturalmente, "altrui" ha sempre una valenza reciproca: non mi sono mai sognato di "approvare" chi calpesta l'altrui libertà, quella "di ogni altrui".
    che un ateo si opponga alla prevaricazione storica dei "credenti" che pretendono di estendere a tutti le "prescrizioni" della loro fede (qualunque essa sia) è ovviamente del tutto legittimo.
    discutibile, per me, sottintendere una "superiorità intellettuale" che si esprimerebbe nel "non credere alle favole" cui si abbandonerebbero i "credenti-creduloni".
    discutere dell'esistenza-inesistenza di dio per me ha la stessa invalicabile difficoltà di parlare-credere all'entenglement della meccanica quantistica: argomento non per tutte le teste.

    @ L.G.

    l'ateismo potrebbe occupare la scena pubblica se pretendesse di "fare proseliti" come qualsiasi fede

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  16. questo post mi ha fatto scoprire un pezzo di freud che colpevolmente ignoravo, 'educazione irreligiosa' - sempre ambita

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  17. Non conosco il sig. Fasol. Devo però far notare, a suo favore, che non ha mai affermato quanto gli viene attribuito (cioè che secondo lui l'ateismo deriverebbe da nevrosi), perchè stava piuttosto riferendo quello che si presume essere il pensiero di altri.

    Conosco, viceversa, gli scritti di Aletti. E una simile cosa Aletti non l'ha mai scritta per il semplice fatto che non lo pensa.

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