giovedì 23 dicembre 2010

Commento a Licht der Welt / 1




Poco più di un anno fa, al termine di un’udienza del mercoledì, Vittorio Messori propose a Benedetto XVI di concedersi per un Rapporto sulla fede II: “Mi dia tre giorni – disse – ci chiudiamo in clausura come facemmo a Bressanone nel 1984 e il libro è fatto”. “Dottore – gli rispose il Papa – non ho nemmeno tre ore”. Chissà come deve esserci rimasto male, il dottor Messori, quando ha saputo che per Peter Seewald era riuscito a trovarne sei, “dal lunedì al sabato dell’ultima settimana di luglio, per un’ora al giorno” (Luce del mondo, LEV 2010 – pag. 8). “Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – racconta Seewald – Ratzinger mi aveva offerto due volte l’opportunità di intervistarlo nell’arco di più giorni [nel 1996 (Joseph Ratzinger: Salz der Erde) e nel 2000 (Gott und die Welt - Glauben und Leben in unserer Zeit)] (ibidem, pag. 7), proprio come aveva concesso a Messori in precedenza. Perché non rinnovargli più la stima? Sarà perché Rapporto sulla fede sollevò molte polemiche, mentre le altre due interviste poco o niente? Sarà perché Benedetto XVI voleva evitare infortuni espressivi in una lingua assai insidiosa come l’italiano e la cautela gli ha suggerito di preferire un intervistatore tedesco per potersi esprimere con maggiore sicurezza e serenità? Se dobbiamo giudicare dai risultati – la nota polemica sull’uso del preservativo scatenata dalle anticipazioni della prima edizione nelle traduzioni in italiano, inglese e spagnolo (novembre 2010) – preferire Seewald a Messori non è servito a molto, in tal senso.
Sarà che “autorizzando la pubblicazione del testo, il Papa non ha modificato la parola pronunciata ma apportato solo piccole correzioni, lì dove ha ritenuto necessarie alcune precisazioni a vantaggio dell’esattezza” (ibidem, pagg. 11-12), fatto sta che per quanto attiene ai contenuti e alla loro valenza sul piano dottrinario sono da tener presenti tre elementi: (1) Benedetto XVI ha chiesto di visionare le bozze solo a due prelati e uno dei due era il cardinal William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; (2) “Assenso religioso della volontà e della intelligenza si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla ex cathedra” (Lumen gentium, 25); (3) “Non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell’intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina, che il Sommo Pontefice enuncia circa la fede e i costumi, esercitando il magistero autentico, anche se non intende proclamarla con atto definitivo” (Codice di Diritto Canonico, 752).
Invece, proprio riguardo al punto relativo all’uso del preservativo in alcuni “singoli casi motivati” (ibidem, 171) c’è stato un tempestivo mettere le mani avanti da parte delle più alte gerarchie vaticane: prima, si è precisato che quanto affermato da Benedetto XVI era espresso “in una forma colloquiale e non magisteriale” (Sala Stampa Vaticana, 21.11.2010); poi, dopo ampia limatura del testo, si è detto che nulla contraddiceva la dottrina, tanto meno in relazione al delicato punto del “male minore”, mai moralmente giustificato. Eppure, prima che nella ristampa di dicembre i “singoli casi” diventassero “motivati”, si era usato proprio l’aggettivo “giustificati” (“begründete Einzelfälle” e Begründung è termine non disdegnato dai teologi tedeschi quando si parla di “giustificazione”: lo stesso Joseph Ratzinger l’ha usato in Die sakramentale Begründung christlicher Existenz [1965], dove “motivazione” non darebbe piena accezione ontologica).
E dunque cosa possiamo dire alla fine di questo primo post su Licht der Welt? Che si tratta proprio del gran pasticcio che si voleva evitare. Probabilmente – ma chi può dire? – sarebbe stato meglio concedere tre ore a Messori che sei a Seewald. Al prossimo post cercherò di dimostrarlo facendo un raffronto tra le due tipologie di intervistatore.

  

7 commenti:

  1. Nel lessico filosofico Berguendung significa "fondazione", nel senso del richiamo a un fondamento che rende possibile e sensata l'esistenza del fondato. In questo senso, dunque, si tratta di qualcosa di più, e certamente di diverso, rispetto a "giustificazione", che viene strettamente resa con Entschuldigung (cancellazione della colpa) o con Rechtfertigung (giustificazione, nel senso di riconduzione a uno stato giusto).
    Tutto il tema della Begruendung, e in generale del Grund, assume nella trattazione filosofica il senso di un richiamo alla necessità di un fondamento metafisico: lo mette bene in luce Heidegger, che proprio in questa prospettiva finisce, nel suo ultimo saggio (Der Satz vom Grund) a leggere Kant attraverso Silesio.
    A contrario, il riscontro più interessante viene dallo Husserl delle Ricerche logiche, in cui viene sistematicamente preferito a Begruendung il più neutro Fundierung, per rimarcare il terreno strettamente logico in cui ci si muove, scevro da implicazioni ontologiche in senso classico.
    Proprio per questo, "begruendete Einzelfalle" non dovrebbe tanto indicare una giustificazione morale, quanto una specificazione di questi casi singoli in relazione a specifiche circostanze di fatto, il cui prodursi come antecedenti sarebbe necessario alla definizione dei casi stessi. In altri termini, i casi non porterebbero a una piena giustificazione morale ma indicherebbero una circostanza materiale tale da modificare il giudizio.
    Nello specifico, se ogni attività sessuale non canonica è di per sé peccaminosa, e se il preservativo permette una parziale riduzione del rischio di trasmissione di malattie, in questi casi il preservativo, pur non giustificando certo l'atto, nemmeno sotto la specie del male minore, richiede una diversa considerazione, in forza di due elementi: A) che il preservativo in questo caso non è propriamente un contraccettivo, visto che il rapporto non naturale esclude a priori la procreazione, e B) che esso viene utilizzato come mezzo per l'appunto profilattico, il che a sua volta porta a due altre considerazioni, per cui a) esso è da condannare in quanto rende più sicuro, e quindi accessibile, il peccato, ma b) quando venga usato da qualcuno che è in qualche modo costretto al rapporto e non lo fa per proprio piacere (il famoso prostituto) ma vi ricorre per tutelare la salute altrui, allora indica una qualche scintilla di carità.
    Il buon pontefice, con questa casuistica contorta, cerca insomma di spaccare il capello in otto, ma si rende conto di quanto tutta la menata sia ridicolmente prolissa e irrimediabilmente capziosa, e cerca di sintetizzare tutto con due parole che suonino come una vaga forma di ragionevolezza. Solo che la faccenda non tiene a meno di mostrare tutta questa sesquipedale impalcatura, e pertanto è costretto alla solita figura da peracottaro.

    RispondiElimina
  2. BXVI è un teologo e l'uso di Begründung in teologia è un po' diverso da quello che se ne fa in filosofia: una per tutte, quando BXVI parla di una "fondazione sacramentale" (Die sakramentale Begründung christlicher Existenz) il richiamo al "fondamento che rende possibile e sensata l'esistenza del fondato" sta nel dogma come "giustificazione dottrinaria"; peraltro, ben prima di lui, con Guardini, Nüssel, Moltmann e anche con von Balthasar, è begründete ciò che prende radice nel fondamento. In tal senso segnalavo la rettifica da "giustificato" a "motivato" nella seconda ristampa: per rifarmi a quanto lei scrive di Husserl, è come se la Fundierung dell'uso del preservativo in "alcuni casi" non tocchi il Grund dottrinario se non come un "primo passo" verso il riconoscimento del male che sta nell'atto sessuale "non canonico". In questo senso, sì, BXVI è costretto a "spaccare il capello in otto". Il punto più delicato è appunto un sostanziale recepimento di ciò che è contro la dottrina: BXVI inclina al male minore, a fortiori.

    RispondiElimina
  3. A me pare che proprio l'esempio da lei citato sia del tutto compatibile con l'accezione filosofica, tanto che si parla specificamente di fondazione: il dogma, in quanto definisce una realtà di sostanza ontologica e la articola in termini cognitivi. Insomma, la teologia è inestricabilmente metafisica, proprio come ogni metafisica è inestricabilmente teologica. Lo ripete anche lei, del resto, quando dice che "è begründete ciò che prende radice nel fondamento".
    Il tema della giustificazione si fa un po' diverso, anche perché in questo caso la lingua madre non è più il tedesco ma il latino: il problema della giustificazione, che inerisce alle due branche specifiche della soteriologia e della teodicea, è decisamente poco filosofico, anche perché attinge più dalla teologia rivelata che da quella razionale o naturale. Terreno del dogma come pochi altri, dunque, e in cui il dogma dispiega appieno la propria funzione dirimente e fondativa.
    Su questo tema, che appunto Lutero traduce come Gerechtigung e, in seguito (a partire da Wolff), viene reso in prevalenza come Rechtfertigung, entra in gioco uno dei celebri ircocervi del pensiero cattolico: lo gnommero in cui si confondono etica, rivelazione e metafisica, dal momento che la giustificazione della persona e dei suoi atti corrisponde, per lo meno da Agostino in poi, alla sua integrazione nella pienezza ontologica, e culmina nella salvezza.
    Proprio per questo, non parlerei mai di Fundierung di un possibile uso lecito del preservativo, perché l'idea di una fondazione puramente formale è impraticabile in una prospettiva così irriducibilmente sostanzialistica.
    Il passaggio da "giustificato" a "motivato" è, proprio per questo, tanto più potente: se per il preservativo si potesse usare il primo termine, esso sarebbe strumento, per quanto contorto, di salvezza, mentre nel secondo si resta nel peccato, per quanto potenzialmente alleviato da una scintillina di redenzione.
    Per tornare a noi, il berguendete si riferisce agli Einzelfalle, ai singoli casi: qui il riferimento non è tanto alla prospettiva soteriologica, quanto a un insieme fattuale, che inquadra una condizione singola in un contesto ben preciso. Insomma, i casi singoli sono appunto quelli nel quale il profilattico assume un'altra valenza di fatto, e che proprio per questo possono aprire a un ordine di considerazioni differenti, ma che proprio per questo non possono rientrare nella specie della giustificazione.
    Mi pare, insomma, che la rettifica della traduzione possa essere ben motivata, oltretutto perché in un tale contesto di pipponi l'uso del preservativo non mi sembra né giustificato, né motivato.

    RispondiElimina
  4. Cerco di mettere un po' di ordine, poi lei mi dice dov'è che vede contraddizione con quanto sostiene.
    Io ho scritto: "Dopo ampia limatura del testo, si è detto che nulla contraddiceva la dottrina, tanto meno in relazione al delicato punto del “male minore”, mai moralmente giustificato. Eppure, prima che nella ristampa di dicembre i “singoli casi” diventassero “motivati”, si era usato proprio l’aggettivo “giustificati” (“begründete Einzelfälle” e Begründung è termine non disdegnato dai teologi tedeschi quando si parla di “giustificazione”: lo stesso Joseph Ratzinger l’ha usato in Die sakramentale Begründung christlicher Existenz [1965], dove “motivazione” non darebbe piena accezione ontologica)".
    Lei mi scrive: "Nel lessico filosofico Berguendung significa "fondazione", nel senso del richiamo a un fondamento che rende possibile e sensata l'esistenza del fondato. In questo senso, dunque, si tratta di qualcosa di più, e certamente di diverso, rispetto a "giustificazione" [...] Tutto il tema della Begruendung, e in generale del Grund, assume nella trattazione filosofica il senso di un richiamo alla necessità di un fondamento metafisico [...] Proprio per questo, "begruendete Einzelfalle" non dovrebbe tanto indicare una giustificazione morale, quanto una specificazione di questi casi singoli in relazione a specifiche circostanze di fatto, il cui prodursi come antecedenti sarebbe necessario alla definizione dei casi stessi. In altri termini, i casi non porterebbero a una piena giustificazione morale ma indicherebbero una circostanza materiale tale da modificare il giudizio".
    Bene, mi pare che stiamo dicendo la stessa cosa: passare da "giustificati" a "motivati" significa dare a "begründete" il significato che avrà nel lessico filosofico, ma che non lo ha in quello teologico. Lei mi spiega che "la rettifica della traduzione possa essere ben motivata" e io posso concordare (dirò più avanti in quale senso), ma insisto nel dire che in molti teologi (Ratzinger compreso) Begründung è ciò che "giustifica" più che "motivare": la differenza sta - qui sono d'accordo con lei e voglio usare le sue parole - che "il problema della giustificazione [...] è decisamente poco filosofico, anche perché attinge più dalla teologia rivelata che da quella razionale o naturale. Terreno del dogma come pochi altri, dunque, e in cui il dogma dispiega appieno la propria funzione dirimente e fondativa". E' quello che sostenevo quando dicevo nel commento precedente: "Quando BXVI parla di una 'fondazione sacramentale' (Die sakramentale Begründung christlicher Existenz) il richiamo al 'fondamento che rende possibile e sensata l'esistenza del fondato' sta nel dogma come 'giustificazione dottrinaria'" (nel caso specifico, la "giustificazione" dell'esistenza cristiana fonda in una "motivazione" che è il Sacramento: cosa di più dogmatico?).
    In definitiva - mi corregga se sbaglio - mi pare che stiamo dicendo la stessa cosa: l'uso del preservativo è ragionevolmente "motivato", ma mai dottrinariamente "giustificato" - e tuttavia Ratzinger usa Begründung che nel lessico teologico indica una "fondazione" sul/nel "motivato" da una verità rivelata. Mi pare ci sia chiara contrapposizione tra noetica e dogmatica, mi pare che "begründete" sia stato "addomesticato" ad una ratio filosofica che è in contraddizione con la ratio teologica - e stiamo parlando di ciò che è "male".
    Bene, tornando a ciò che ho scritto, "dopo ampia limatura del testo, si è detto che nulla contraddiceva la dottrina, tanto meno in relazione al delicato punto del “male minore”, mai moralmente giustificato": in realtà, c'era contraddizione.

    RispondiElimina
  5. Di base, il mio rilievo è semplicissimo: in tedesco, "giustificazione" non si dice Begründung, ma Entschuldigung (nel linguaggio comune, per esempio per la giustificazione dell'assenza a scuola) o Rechtfertigung,oppure ancora Gerecthigung, quest'ultimo termine luterano di particolare utilizzo in ambito teologico.
    Sul piano dei contenuti, vorrei sottolineare l'importanza strategica del termine giustificazione nel lessico della teologia, dal momento che fa riferimento a quel iustum facere che significa la buona condotta della creatura nella prospettiva della salvezza, in un'imitatio dei che riecheggia quell'approvazione di sé che si trova nelle diverse fasi della Creazione. Proprio per questo, se BXVI avesse parlato di "gerechtete Einzelfalle" si sarebbe tratto di un'affermazione esplosiva, nel senso che avrebbe dato una sanzione effettiva all'uso del profilattico, in qualche modo rendendolo, per quanto in circostanze particolari, uno strumento di grazia. Anche se avesse detto, più modestamente, "entschuldete" o "rechtfertigte" Einzelfalle, i casi avrebbero avuto una sorta di approvazione, per lo meno nell'aborrita specie del male minore.
    Ma sappiamo che, invece, i casi sono "begründete", vale a dire specificamente fondati, il che assume essenzialmente una valenza limitativa e spinge a considerazioni particolari, sul filo della casuistica, dunque in una prospettiva che non è certamente quella della soteriologia pura. Quando parlo di "richiamo a un fondamento che rende possibile e sensata l'esistenza del fondato" intendo proprio questo: i casi in questione si danno a partire da queste circostanze fondative, che li specificano in una peculiare tassonomia.
    Insomma, "giustificati" è una traduzione sbagliata, e a mio parere anche "motivati" è poco riuscita: a mio parere, sarebbe stato meglio "ben fondati".

    RispondiElimina
  6. Probabilmente devo aver dato troppa importanza all'uso che di Begründung si fa in teologia (e del quale lo stesso Ratzinger ha fatto uso in passato). In linea di massima sono d'accordo con le sue considerazioni, ma rimango dell'idea - già espressa in altri post di novembre - che le affermazioni di BXVI alla fine del XI capitolo del libro siano state un malriuscito tentativo di adeguare la dottrina alla politica. Il fatto è che anche da cardinale a Ratzinger non è mai passato il vizio di fare due passi avanti ed uno indietro.

    RispondiElimina
  7. Vi faccio i miei complimenti per l'accuratezza dell'analisi.

    RispondiElimina