«Nel luglio del 1883 il filosofo Benedetto Croce si trovava in vacanza con la famiglia a Casamicciola, a Ischia. Era un ragazzo di diciassette anni. Era a tavola per la cena con la mamma, la sorella e il padre e si accingeva a prendere posto. A un tratto, come alleggerito, vide suo padre ondeggiare e subito sprofondare sul pavimento, mentre sua sorella schizzava in alto verso il tetto. Terrorizzato, cercò con lo sguardo la madre e la raggiunse sul balcone, da cui insieme precipitarono. Svenne e rimase sepolto fino al collo nelle macerie. Per molte ore il padre gli parlò, prima di spegnersi. Gli disse: «Offri centomila lire a chi ti salva». Benedetto sarà l’unico supersite della sua famiglia massacrata dal terremoto” (Roberto Saviano, Vieni via con me, Feltrinelli 2011 – pag. 7).
Non era la prima volta che Roberto Saviano raccontava questo episodio della vita di Benedetto Croce, l’aveva già fatto il 14 aprile 2009 su la Repubblica, e naturalmente nel corso di uno dei monologhi andati in onda su Raitre (Il terremoto a L’Aquila), poi raccolti nel volume della Feltrinelli , e sempre attribuendo al padre del filosofo la frase che solo lo scorso 8 marzo gli viene contestata da Marta Herling, nipote di Benedetto Croce, con una lettera al Corriere del Mezzogiorno:
“Da dove l’autore di «Gomorra» ha tratto la ricostruzione di quella tragedia? Dalla sua mente di profeta del passato e del futuro, di scrittore la cui celebrità meritata con la sua opera prima, è stata trascinata dall’onda mediatica e del mercato editoriale, al quale è concesso di non verificare la corrispondenza fra le parole e fatti, o come insegnano gli storici, fra il racconto, la narrazione degli eventi, e le fonti, i documenti che ne sono diretta testimonianza. […] Dove Saviano ha orecchiato la storia che racconta nell’incipit del suo monologo? Certo non dalla lettura del testo del suo protagonista principale poiché sopravvissuto, testo che si è tramandato intatto senza una parola in più di commento o di spiegazione, nella nostra memoria famigliare e nelle biografie del filosofo, che lo riportano a illustrare quella pagina tragica della vita sua e dei suoi cari”.
E qui la signora fa seguire il passo relativo ai fatti del luglio 1883 tratto da Memorie della mia vita (Istituto italiano per gli studi storici, 1966), nel quale senza dubbio non v’è traccia di quell’«offri centomila lire a chi ti salva». E dunque Saviano racconta balle? No, tutt’altro.
Il 13 aprile 1950 usciva su Oggi una lunga intervista al filosofo, raccolta da Ugo Pirro, che così scriveva:
“Nel disastro restò sepolta anche la famiglia Croce, compreso Benedetto. La madre e la sorella Maria furono inghiottite dalle macerie, il padre invece perì dopo lunghe sofferenze aspettando invano soccorso, ad un passo da Benedetto che nulla poteva fare perché incastrato con tutto il corpo dalle macerie della casa. Il giovane fu estratto con una gamba fracassata e un braccio ferito. Benedetto fu tra gli ultimi feriti ad essere trasportato a Napoli, le sue condizioni non destavano soverchie preoccupazioni. Un cronista, girando fra le corsie degli ospedali napoletani, lo intervistò e così riferì ciò che il giovane Croce raccontò di quella terribile notte: «Ieri fu trasportato a Napoli anche il figliuolo primogenito del comm. Croce; egli è gravemente ferito a una gamba e ad un braccio. Perirono il comm. Croce, la moglie e una figlioletta. Il giovinetto superstite di questa ricchissima famiglia foggiana, stabilita da lunghi anni a Napoli, conserva una memoria precisa dell’accaduto. La madre e la sorella sparirono nel vortice del crollamento, né si udì di loro alcuna voce. Egli, che era seduto ad un tavolino insieme col padre, precipitò. Il padre fu coperto tutto dalle macerie, ma parlò dalle nove e mezzo del sabato fino alle undici antimeridiane della domenica successiva. Benedetto era sepolto fino al collo nelle pietre, aveva però il capo fuori di esse. Il giovinetto fu estratto dalle rovine verso mezzogiorno, poco prima che il padre avesse cessato di parlare. Si racconta che con gran senso pratico dicesse al figlio ‘offri centomila lire a chi ti salva’»”.
Alla pubblicazione dell’intervista il filosofo non sollevò obiezioni, ma sua nipote ha da ridire ben 61 anni dopo.
Che poi nell'economia del gesto scrittorio, quella delle mille lire non c'entra una beneamata cippa.
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