Benedetto XVI ha ragione: “Le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi, in termini sempre nuovi, con il mutare delle condizioni sociali” (Discorso in Westminster Hall, 17.9.2010); e dunque si tratta di questioni sulle quali non è superfluo intrattenersi, perché da dieci anni Tommaso Moro è santo patrono dei politici e dei governanti, indicato dalla Chiesa a politici e governanti cattolici come modello da seguire.
Converrà accostarci a questo modello cominciando proprio dalle note biografiche riportate nel Motu proprio del 31 ottobre 2000 che lo eleva a esempio: “Tommaso Moro visse una straordinaria carriera politica nel suo Paese. Nato a Londra nel 1478 da rispettabile famiglia, fu posto, sin da giovane al servizio dell’Arcivescovo di Canterbury, Giovanni Morton, Cancelliere del Regno. Proseguì poi gli studi in legge ad Oxford e a Londra, allargando i suoi interessi ad ampi settori della cultura, della teologia e della letteratura classica. Imparò a fondo il greco ed entrò in rapporto di scambio e di amicizia con importanti protagonisti della cultura rinascimentale, tra cui Erasmo Desiderio da Rotterdam. […] Nel 1504, sotto il re Enrico VII, venne eletto per la prima volta al parlamento. Enrico VIII gli rinnovò il mandato nel 1510, e lo costituì pure rappresentante della Corona nella capitale, aprendogli una carriera di spicco nell’amministrazione pubblica. Nel decennio successivo, il re lo inviò a varie riprese in missioni diplomatiche e commerciali nelle Fiandre e nel territorio dell’odierna Francia. Fatto membro del Consiglio della Corona, giudice presidente di un tribunale importante, vice-tesoriere e cavaliere, divenne nel 1523 portavoce, cioè presidente, della Camera dei Comuni. […] Nel 1529, in un momento di crisi politica ed economica del Paese, fu nominato dal re Cancelliere del regno, primo laico a ricoprire questa carica […] Nel 1532, non volendo dare il proprio appoggio al disegno di Enrico VIII che voleva assumere il controllo sulla Chiesa in Inghilterra, rassegnò le dimissioni”.
Qui dobbiamo correggere il testo: Enrico VIII non aveva alcuna intenzione di assumere il controllo sulla Chiesa in Inghilterra, ma si ritrovò di fatto ad assumerlo per essersi trovato in disaccordo col Papato su una questione che riteneva vitale per il suo Regno. Non aveva un erede maschio e ne dava colpa alla moglie, Caterina d’Aragona. Deciso a ripudiarla per sposare Anna Bolena, di cui s’era innamorato, cercò di ottenere l’annullamento del matrimonio da papa Clemente VII. Questo favore difficilmente era negato da un papa a un potente, basti pensare all’annullamento del matrimonio tra Giovanni Sforza e Lucrezia Borgia concesso da papa Alessandro VI qualche decina d’anni prima. Qui, però, la moglie da lasciare era cattolica, per di più nipote di Carlo V, stretto alleato del papa, e quella da pigliare era protestante: Clemente VII s’impuntò e rigettò la richiesta che Enrico VIII gli aveva presentato facendola illustrare proprio da Tommaso Moro. Il santo non si rifiuta di andare a Roma a chiedere l’annullamento del matrimonio, che evidentemente ritiene annullabile: ci va e si fa in quattro per convincere il papa, anche se non ci riesce.
Tommaso Moro non cade in disgrazia per aver difeso, insieme al suo papa, contro il suo re, l’indissolubilità del matrimonio tra Enrico VIII e Caterina d’Aragona, ma solo perché si viene a creare una incompatibilità tra fedeltà al papa e fedeltà al re, un re che papa Leone X aveva insignito del titolo di defensor fidei.
“Muoio fedele a Dio e al re, ma a Dio innanzitutto”, dice Tommaso Moro, ma Dio è il Papato. E infatti muore perché rifiuta di sottoscrivere un atto del suo re che “contrasta direttamente con le leggi di Dio e della sua Chiesa, in quanto la suprema giurisdizione della Chiesa o di una sua parte non può venire avocata a sé, con nessuna legge, da nessun principe temporale, appartenendo di diritto alla Sede di Roma per quel primato spirituale trasmesso per singolare privilegio a san Pietro e ai suoi successori, i vescovi di quella Sede, dalla parola stessa di Cristo nostro Salvatore al tempo della Sua presenza su questa terra […] Il Regno d’Inghilterra, non essendo che una piccola parte e un singolo membro del corpo della Chiesa, non può promulgare una legge particolare in contrasto con la legge generale della Chiesa cattolica, l’universale Chiesa di Cristo”.
L’epoca non conosce ancora la separazione tra Stato e Chiesa che sarà conquista posteriore: la giurisdizione della Chiesa è suprema per definizione. Sicché si può convenire col proprio re che l’annullamento del matrimonio sia necessario secondo la logica che guida questi a considerarla una retta soluzione politica, ma non si può più essergli fedele contro la logica che guida il papa a considerare quella soluzione dannosa agli interessi politici del Papato.
Giusta la sua condanna come traditore dello Stato, comprensibile che dal Papato sia elevato a esempio di politico cattolico: un politico cattolico può essere fedele allo Stato solo fino a quando lo Stato non lede il primato che il Papato ritiene di poter vantare. Per il politico cattolico questo primato è pienamente rispettato nell’adesione al magistero morale e sociale della Chiesa: se lo Stato lo recepisce, non c’è incompatibilità tra fedeltà allo Stato e al Papato; in caso contrario, ogni politico cattolico sarebbe tenuto ad affidarsi al suo santo patrono e favorire gli interessi del Papato, contro quelli dello Stato.
Un politico cattolico è traditore dello Stato in potenza, sempre; e lo è in atto quando Stato e Chiesa entrano in attrito. “Noi abbiamo due appartenenze – spiegava un politico cattolico, non molto tempo fa – una alla Chiesa, l’altra alla politica. Per me, per tutti noi cattolici, insomma, il vero capo è lui: il papa. Per noi è il vicario di Dio in terra” (Pierluigi Castagnetti – Corriere della Sera, 25.3.2009).
Che Castagnetti faccia la fine di Thomas Moore è impensabile in Italia, a meno che le stilettate non le diano Libero o Il Giornale.
RispondiEliminaPer certo è esaltante sapere che 'sta gente piglia un sacco di soldi dai cittadini italiani per fare piacere al vicario (?) di dio (?) in Terra.
Questo Castagnetti sta ancora nel csx o è sparito in qualche fogna centrista?
eccellente. per cui quando un cattolico giura fedeltà alla repubblica o a chicchessia lo fa con riserva. sempre infidi i cattolici
RispondiEliminascusa se entro un po' nel privato, ma credo, caro Malvino, che tu sia più utile a te e agli altri come medico che come insegnante, ma come insegnate saresti stato "sfizioso assai" e forse un po' te ne dispiace
Un momento di relax, ma sempre in argomento.
RispondiEliminaSi tratta d'una vecchia barzelletta.
Nell'arena, i leoni affamati attendono le vittime predestinate. Tigellino fa cenno ai suoi pretoriani di far entrare i cristiani. Non appena questi vengono introdotti, le belve s'avventano su di loro, sollevando però un polverone, che impedisce all'imperatore e al pubblico fremente d'assistere alla scena. Passa la buriana e la polvere torna a ridepositarsi al suolo; agli spettatori esterefatti si presenta davanti agli occhi uno spettacolo inatteso: comodamente seduti sulla sabbia, i cristiani sono intenti a banchettare con le carni delle bestie feroci.
"A Tigellì!" esclama Nerone scocciato "M'ero tanto raccomandato che questa volta fossero cristiani, non democristiani!"