Vediamo se riusciamo ad essere intellettualmente onesti. È certamente una buona notizia che il pastore Terry Jones abbia deciso di non dare fuoco a copie del Corano, come aveva annunciato di voler fare. Tutti ne siamo contenti, perché così abbiamo evitato che dal fuoco a Gainesville (Florida) si innescassero altri incendi qui e lì per il mondo, però non possiamo cadere nel cinico pragmatismo: ne siamo tutti contenti, altresì, perché bruciare libri è in generale cosa assai brutta, anzi, bruta.
Siamo più che contenti, dunque, che a deprecare l’intenzione del pastore americano sia sceso in campo pure tutto lo staff del pastore tedesco: la cosa bruta e brutta è usanza peculiarmente cristiana, data da At 19, 19-20 e si è estesa in secoli e in continenti, fino a l’altrieri. Fa piacere veder morire una tradizione, di tanto in tanto.
Ciò detto, me lo volete spiegare perché, quando il pastore Jack Brok ha dato fuoco a copie di Harry Potter ad Alamagordo (New Mexico), non s’è levata voce?
Postillona
Solo dopo aver postato quanto sopra leggo un Berlicche che, a modo suo, mi dà una risposta: “Spesso ci giunge notizia di distruzioni e roghi di materiale contraffatto. Cinture, borse, DVD. Non c’è nessuno che osa protestare: sono falsi, sono dannosi per l’economia. Anche se sono funzionanti, e a qualcuno che non ha niente potrebbero far comodo. Quando viene pubblicato uno scritto palesemente falso subito ci si attiva per distruggerlo. Sia che la sua diffusione sia incidentale, come in un avviso errato, o intenzionale, come in un articolo diffamatorio. È dannoso, in quanto chi lo legge potrebbe non distinguerlo dalla verità. E nessuno in buona fede si duole per la sua rimozione”.
Quando vedo preparare in questo modo il campo della discussione sulla libertà di espressione per inclinarlo alla necessità di doverla negare a qualcuno, resto affascinato come dinanzi alla schiusa di uova di dinosauro. “Fa discutere – scrive Berlicche – il proposito di un predicatore americano di bruciare il Corano. Ora, possiamo dire che si tratti di una verità che occorre conservare? Io certo non posso: sono convinto che sia intrinsecamente falso. Di più, che sia dannoso. Di quali danni sia capace ce lo ha dimostrato la storia degli ultimi millequattrocento anni. […] Non tutto è vero; non tutto è autentico; non tutto rimane utile per sempre. E se non lo è, che bruci”.
La verità sta in mano a Berlicche come sta in mano a Louis Vitton il diritto di esigere che vengano mandate al rogo tutti i prodotti contraffatti in quel nome. E allora “cosa mi impedisce di farne un rogo?”, si chiede Berlicche. “Il fatto che ci sia qualcuno che sia convinto che invece sia utile e vero. In altre parole mi arresto davanti alla libertà della persona, come del resto fa anche Dio. Come per la roba vecchia, per il materiale contraffatto, per disfarsi di una cosa senza suscitare un vespaio occorre che a nessuno importi più di essa. Se voglio disfarmi del Corano devo dimostrare che è appunto inutile, falso, dannoso. E convincere chi invece ci crede”. In attesa che il musulmano si converta, rimandiamo il rogo del Corano: sarebbe giusto, ma evitiamo il vespaio.
Ecco dunque la risposta a quanto domandavo sopra: bruciare Harry Potter non suscitava il vespaio che avrebbe suscitato bruciare il Corano e, a parità di stronzate, si poteva bruciare.
Nel post di Berlicche c’è anche un motivo che spiega com’è che ogni tanto muore una tradizione: di vespaio in vespaio.
Postillona
Solo dopo aver postato quanto sopra leggo un Berlicche che, a modo suo, mi dà una risposta: “Spesso ci giunge notizia di distruzioni e roghi di materiale contraffatto. Cinture, borse, DVD. Non c’è nessuno che osa protestare: sono falsi, sono dannosi per l’economia. Anche se sono funzionanti, e a qualcuno che non ha niente potrebbero far comodo. Quando viene pubblicato uno scritto palesemente falso subito ci si attiva per distruggerlo. Sia che la sua diffusione sia incidentale, come in un avviso errato, o intenzionale, come in un articolo diffamatorio. È dannoso, in quanto chi lo legge potrebbe non distinguerlo dalla verità. E nessuno in buona fede si duole per la sua rimozione”.
Quando vedo preparare in questo modo il campo della discussione sulla libertà di espressione per inclinarlo alla necessità di doverla negare a qualcuno, resto affascinato come dinanzi alla schiusa di uova di dinosauro. “Fa discutere – scrive Berlicche – il proposito di un predicatore americano di bruciare il Corano. Ora, possiamo dire che si tratti di una verità che occorre conservare? Io certo non posso: sono convinto che sia intrinsecamente falso. Di più, che sia dannoso. Di quali danni sia capace ce lo ha dimostrato la storia degli ultimi millequattrocento anni. […] Non tutto è vero; non tutto è autentico; non tutto rimane utile per sempre. E se non lo è, che bruci”.
La verità sta in mano a Berlicche come sta in mano a Louis Vitton il diritto di esigere che vengano mandate al rogo tutti i prodotti contraffatti in quel nome. E allora “cosa mi impedisce di farne un rogo?”, si chiede Berlicche. “Il fatto che ci sia qualcuno che sia convinto che invece sia utile e vero. In altre parole mi arresto davanti alla libertà della persona, come del resto fa anche Dio. Come per la roba vecchia, per il materiale contraffatto, per disfarsi di una cosa senza suscitare un vespaio occorre che a nessuno importi più di essa. Se voglio disfarmi del Corano devo dimostrare che è appunto inutile, falso, dannoso. E convincere chi invece ci crede”. In attesa che il musulmano si converta, rimandiamo il rogo del Corano: sarebbe giusto, ma evitiamo il vespaio.
Ecco dunque la risposta a quanto domandavo sopra: bruciare Harry Potter non suscitava il vespaio che avrebbe suscitato bruciare il Corano e, a parità di stronzate, si poteva bruciare.
Nel post di Berlicche c’è anche un motivo che spiega com’è che ogni tanto muore una tradizione: di vespaio in vespaio.
Perchè Harry Potter non è un libro sacro (almeno non di una religione con milioni di adepti) e il caso era isolato? Ma che domande fai?
RispondiEliminaforse perchè sarebbe stato troppo stupido dare popolarità ad un povero...pazzo (avrei usato un altro termine, ma tu mi metti un po' in soggezione)
RispondiElimina@ Rainbow
RispondiElimina"Sacro"? Intendi dire "ritenuto tale da così tanti adepti che affermare il contrario, ammesso lo si pensi, susciterebbe un gran vespaio, sicché conviene rispetto". Harry Potter non ha abbastanza fan, né ne ha di così feroci, da convincerti a rispettare pure lui, come rispetti il Corano. In fondo, sei sulla linea d'onda di Berlicche.
Non c'è nessun libro che brucerei, tranne forse il Mein Kampf. E non credo ai libri sacri, Corano e Bibbia o il diario del Mostro spaghetti volante. Ma bisogna guardare alla realtà oggettiva,Ma ci sono moltitudini che RITENGONO il Corano sacro,mentre pochi ritengono sacro Harry Potter, e quei pochi, ammesso che esistano, non commettono massacri.Ecco spiegata la diversa reazione. In ogni caso, sono contro il bruciare QUALSIASI libro.
RispondiEliminaSacro per chi ci crede, (io no) e sono tanti, e molti pericolosi e fanatici. Pochi ritengono sacro Harry Potter (forse tu?). Insomma, l'impatto culturale e sociale dei due libri è diverso, ma te lo devo spiegare? Io sono decisamente contro il bruciare QUALSIASI libro (fatta forse eccezione per il Mein Kampf)
RispondiElimina1) Considerazione personale: bruciare libri è una cosa pessima, errata per principio e di per se condannabile. Difficile distinguere fra Harry Potter, la Bibbia, l'Iliade, il Mein Kampf. I libri si leggono, si apprezzano o si disprezzano, ma non si bruciano.
RispondiElimina2) Considerazione economica: bruciare merci falsificate è discutibile o accettabile quanto lo è, di per se, il concetto di diritto d'autore, di proprietà intellettuale e di brevetto. Mettiamo in discussione i principi, non le conseguenze.
3) Altra considerazione economica: il valore di una borsa originale di Luis Vuitton non sta nell'essere "vera", ma nell'essere "autentica". Qualcosa di analogo alla firma su un assegno, che vale solo se l'ha fatta chi ne ha diritto. Nulla ha a che fare, concettualmente con il concetto di "vero"-"falso" nè tantomeno di "buono"-"cattivo".
4) Considerazione politico-sociale: bruciare ciò in cui sappiamo che qualcuno ripone i suoi sentimenti sapendo che urta quei sentimenti e con l'intenzioni di urtarle non è una bella cosa. E' una provocazione che, come tutte le provocazioni, espone a una reazione. Diverso è il discorso quando il fine è differente: se macello un vitello per mangiarmelo compio un sacrilegio per un indù, ma non lo faccio per il semplice gusto di offenderne i sentimenti.
5) Considerazione utilitaristica: se proprio voglio provocare qualcuno è meglio se mi scelgo qualcuno che non sia particolarmente cattivo, meglio ancora se so che non può danneggiarmi.
Sentire che c'è differenza tra bruciare Harry Potter e bruciare il corano significa pensarla come Berlicche? Vediamo.
RispondiEliminaBruciare libri non è un atto violento in sé. L'orrore che proviamo verso i roghi di libri nasce dal fatto che, storicamente, quelli che bruciano libri riservano lo stesso destino a chi li ha scritti e a chi li ha letti, o almeno ci provano. Temo anche, purtroppo, che questa usanza sia nata ben prima di At 19, 19, anche se nessuno è stato mai bravo a perseguitare quanto i cristiani.
C'è anche qualcosa d'altro: il raccapriccio che molti di noi sentono quando pensano ai libri che bruciano prende forza pure da una certa idea di sacralità che abbiamo del libro, ma ovviamente questa è una cosa che riguarda noi, non i libri, i quali non sono che oggetti inerti.
È anche interessante che altre forme di distruzione del libro, come il macero, non colpiscano alla stessa maniera, neppure quando hanno lo stesso scopo, quello di cancellare un'idea, come ad esempio accadde con "L'Imperatrice nuda"; eppure quello fu un gesto di una violenza inaudita.
Ho dovuto faticare non poco per riuscire a trovare una risposta, quindi la domanda, almeno per me, è stata provvidenziale, mi ha fatto riflettere su una questione che non mi ero mai posto.
Perché insomma, per me c'è una grossissima differenza tra bruciare Harry Potter e bruciare il corano.
Volendo tagliar corto, potrei riassumerla così: se bruci Harry Potter, penseranno tutti che sei un povero idiota e basta, mentre se bruci il corano c'è il serio rischio che molta gente ti imiti e ti stimi, e questo - cioè chi sarebbe d'accordo, non chi sarebbe contrario - è ciò che rende il rogo di un testo "sacro" più odioso del rogo di un libro stupido.
Post molto interessante. Vorrei sottolinearne tre marginali inferenze, che altrimenti rischiano di sfuggire all'attenzione dei più.
RispondiEliminaIn primo luogo, dai riferimenti ivi citati, scaturisce inequivocabilmente la vera natura di Berlicche (e di molti cattolici come lui) che, come vado sostenendo da tempo, celano un animo da autentici "conigli mannari": al di là dei modi suadenti, nulla è cambiato rispetto ai loro antesignani quali Nicolas Eymerich, Bernardo Gui e Thomas de Torquemada, tanto per citarne i più famigerati. Proprio per questo, non bisogna mai abbassare la guardia.
Poi, ho letto che qualcuno riterrebbe giusto buciare il "Mein kampf". Perché? Forse che bruciandolo si esorcizza ciò che esso implica? Mi sa molto di pratica apotropaica. Non è bruciando un libro che se ne esorcizza il contenuto. Meglio leggerlo e analizzarlo con spirito scritico, possibilmente condividendone il risultato. Solo così è possibile avere consapevolezza del proprio agire.
Infine, con riferimento ai falsi griffati e alla loro distruzione, nel testo viene riportata questa frase di Berlicche: "Anche se sono funzionanti, e a qualcuno che non ha niente potrebbero far comodo". Ve le immaginate schiere di popolazioni del Bangladesh, del Burkina Faso o di Haiti, vestite di tutto punto, griffate Armani, Louis Vitton, Valentino, Jean Paul Gaultier, alla faccia dei vari Roman Abramovic, Oleg Derjpaska, Mihail Friedman, Zhang Yin, Xie Qihua, Li Ka Shing, Madonna, 50 Cent, Snoop Dogg e, naturalmente, anche di qualche nostro locale tamarro super-arricchito?
Odio tutti quelli che bruciano dei libri. Tranne Pepe Carvalho.
RispondiEliminaC'è chi brucia libri anche per necessità. Non mi ricordo, ma forse era Sofri che ricordava come, durante l'assedio di Sarajevo, un poeta serbo aveva bruciato a blocchi la sua biblioteca per mantenersi caldo durante l'inverno...
RispondiEliminaMa. Del rogo di Harry Potter non ha parlato nessuno perché nel momento in cui è stato fatto non esisteva un problema di relazioni tra certi Stati e la signora Rowling. Quindi la faccenda aveva una rilevanza politica nulla; quindi non c'erano partiti pro o contro; quindi non c'erano prese di posizione illustri; eccetera; e quindi il signor Jack Brok poteva tranquillamente essere liquidato come pazzo o scemo.
RispondiEliminaPerché fosse rilevante bruciare il Corano in piazza, negli Usa, l'11 settembre, non credo serva spiegarlo.
Rispondo al Il nano e alla sua "Considerazione utilitaristica", dato che mi sembra una considerazione implicita in altri dei commenti lasciati qui e ascoltati altrove:
RispondiElimina"se proprio voglio provocare qualcuno è meglio se mi scelgo qualcuno che non sia particolarmente cattivo, meglio ancora se so che non può danneggiarmi".
Questo adagio porta ad inquietanti considerazioni: il rispetto che gli altri devono alle mie idee, opinioni, convinzioni e credenze non discende né da un generale rispetto simmetrico da parte mia verso gli altri, né da un generale rispetto "liberale" delle convinzioni di ciascuno, ma deve essere invero direttamente proporzionale alla violenza che io sono in grado di minacciare ed eventualmente mettere in atto. Inutile annotare che fascismi, mafie e quant'altro hanno gioco facile esattamente quando riescono a rendere effettivo questo paradigma. Ai fan di Harry Potter basterà minacciare distruzioni di ambasciate e dimostrare di essere realmente in grado e disposti a farlo perché la cosa non si ripeta in futuro. Quando si dice: "la forza di un'idea ...".
@incubomigliore
RispondiEliminaInfatti era appunto una "considerazione utilitaristica", una sorta di battuta, un richiamo a una nozione spicciola che tutti, a nostre spese, finiamo per imparare nella vita quotidiana fin da bambini, alle elementari o alle medie.
Se ridevamo perchè inciampava il mingherlino della classe la faccevamo franca, se ridevamo quando inciampava il colosso, magari anche cattivo, rischiavamo di andare a casa con il labbro gonfio e spaccato.
Scrivevo "se proprio vogliamo provocare qualcuno" intendendo che è un gusto che non ho mai provato e che ritengo di per se sciocco.
Comunque infilare la mano in nelle ortiche denota minore intelligenza che infilarla nel rosmarino.
@ Il nano
RispondiElimina"Comunque infilare la mano in nelle ortiche denota minore intelligenza che infilarla nel rosmarino".
Non è detto: se uno ha il coraggio delle proprie azioni e non si lascia guidare dalla legge del più forte non è necessariamente meno intelligente di uno che protesta solo con chi non reagisce (per esempio solo quelli come i primi saranno in grado di imporre dei cambiamenti nella società, mentre i secondi saranno costretti ad accettare l'equilibrio esistente). Persino dal punto di vista utilitaristico, semplicemente allargando l'ottica e l'estensione temporale delle considerazioni, si potrebbe sostenere che talvolta conviene provocare il cattivo.
Volevo comunque aggiungere una considerazione generale che in giro ho visto poco fare (probabilmente è implicita nella domanda di Malvino): se posso convenire che bruciare un libro possa apparire azione stupida e odiosa, nondimeno esiste una differenza fondamentale tra il privato cittadino che si compra un libro (che sia il Corano o Harry Potter) e liberamente decide di bruciare una cosa che adesso è sua e il caso in cui sia l'autorità a imporre il "rogo", oppure il caso in cui un tale bruci un libro non di sua proprietà. Nel primo caso rientriamo nel novero delle libertà possibili, con un prezzo non inusuale da pagare: accettare che ci sia chi la libertà se la prende per fare azioni che personalmente detestiamo. Negli altri due casi si ha violazione della libertà, che si aggiunge alla odiosità del gesto in sé. Questa è una distinzione fondamentale. Implicitamente credo che in molti abbiano trattato questo caso avendo in mente le sensazioni di ripugna per le azioni del secondo e terzo tipo, che pur si sono viste in passato, pur essendosi ora trattato di un caso rientrante nella prima fascia di possibilità.
@incubomigliore
RispondiElimina"talvolta conviene provocare il cattivo"
Non mi sembra questo il caso. Non perchè il cattivo sia particolarmente cattivo, piuttosto perchè il beneficio che posso ottenere dalla provocazione è semplicemente inesistente.
Se devo mettere le mani nell'ortica che sia per raccogliere un fungo, non per annusare una cacca.
@ Il nano
RispondiEliminaQuesta però è una considerazione di merito (il beneficio che l'attore ne avrebbe tratto sarebbe stato inesistente). Se entriamo nel merito allora giudichiamo l'intelligenza, come sempre, secondo le nostre valutazioni e non sarebbe una novità. L'utilitarista conservatore, poi, il beneficio non lo vedrebbe comunque mai, non lo avrebbe visto nemmeno nel pungo di Tommie Smith che sarebbe chiaramente servito solo a farsi radiare.
Stando comunque al merito, visto che ormai ci siamo, credo che un altro motivo per sostenere che è stata una provocazione non utile potrebbe essere che ora che essa è stata ritirata, con mobilitazione degli stati generali mondiali, essa ha finito per far segnare una chiara vittoria all'Islam più esagitato. Un po' il contrario di ciò che si era intenti a dimostrare.
@incubomigliore
RispondiEliminaNo, guardi non mi faccia giocare nel ruolo dell'utilitarista conservatore, che mi sento sprecato.
A me pareva fin troppo evidente che la provocazione fosse inutile (faccio fatica a capire che soddisfazione si possa ottenere dalla combustione del Corano), anzi stupida e alla fin fine controproducente. Purtroppo controproducente più per altri che per il reverendo stesso, che di fatto ha ottenuto il risultato di attirare attenzione su di se mentre altri, alla fin fine hanno pagato il conto della sua irresponsabilità. Qui sta prima differenza con Tommie Smith, che ha pagato di persona.
L'altra differenza, fondamentale, sta nel fatto che Tommie Smith non ha bruciato libri, nè strappato bandiere nè infangato simboli altrui, caso mai ha sollevato ben in alto il suo pugno-bandiera. Non ha proceduto offendendo gli altrui valori ma rivendicando i propri.