martedì 14 settembre 2010

C'è di nuovo vita nel Pd



Pensavate che il Pd fosse morto? Sbagliato. Dalle schermaglie che dalemiani e veltroniani hanno ripreso ad ingaggiare su tutto – giustizia, economia, sistema elettorale, alleanze, primarie, ecc. – si capisce che nel partito c’è fermento, per lo meno non c’è più apatia, e le idee ricominciano a fiorire. Non ne vedi due uguali, ma fioriscono.
Naturalmente ci sono gli incontentabili ai quali non basta che il Pd ridia segni di vitalità e prenderebbero che non fossero solo di conflittualità interna. Diciamolo subito: sono i critici della dialettica interna, sono quelli subito pronti a pigliare le difese di Gianfranco Fini ma che vorrebbero un Pd monolito come il Pdl. Democratici a chiacchiere, non capiscono che la dialettica tra Veltroni e D’Alema è il più prezioso contributo della sinistra ad un partito di centrosinistra. Che non si esaurisce nei reciproci dispettucci quotidiani dei fidelizzati all’uno e all’altro, ma da qualche tempo ha i connotati di una vera e propria terza componente, a volte a lato e a volte sopra il vivacissimo dialogo tra la virile socialdemocrazia dalemiana e la soffice liberaldemocrazia veltroniana, più spesso sotto.
Questa terza componente non sta parata a falange, e già questo dà il senso della novità: si possono mettere in circolazione idee senza arroccarsi in una fondazioni o aprire una tv, c’è il web, la voglia di emergere, la faccia pulita, l’animo carino, via la posa cinica e cazzuta e il sarcasmo a fil di baffetto, via l’irenismo flaccido e inconcludente che mi cola di qua e di là. Questi Marino, questi Renzi, questi Civati – li guardi, li senti e capisci che sono di un’altra razza – capisci che il Pd è rinato, ma rinnovato.

“Io non sono tanto affezionato alle formule”, dice Civati (Libero, 14.9.2010), ma non ci rinuncia: “un’alleanza con Vendola e Di Pietro per verificare la possibilità poi di estenderla”. “Aberrante” è “il concetto di fare un’alleanza contro Berlusconi” per farlo cadere, “ammesso che cada”, ma c’è un’alternativa: “se cade, fare un’alleanza che vada oltre Berlusconi”. È l’uovo di Colombo: si leva all’alleanza il grosso della fatica, lasciandolo a Berlusconi, e ci si concentra sul come evitare che, dopo esser caduto, si rialzi per l’ennesima volta.
Per fare questo occorre innanzitutto “rottamare il gruppo dirigente”. Quando? “Quando sarà il momento”. Prima o poi D’Alema a casa dunque? Macché, “Berlusconi ha tenuto insieme Fini e Bossi, noi riusciremo a tenere insieme Renzi e D’Alema”. Ma allora chi ha da esser rottamato, Bersani? No, Bersani va bene, solo che deve svecchiare lo stile, per esempio rinunciare ai suoi “proverbi” («il tortello a misura di bocca», «le bambole da pettinare»…): non sono “proverbi”, ma a Civati non piacciono.
Uno ascolta le brillanti idee dei giovani emergenti e finisce per preferisce gli opachi rancori dei vecchi sommersi.

7 commenti:

  1. Grazie, soprattutto per la caricatura che hai fatto della mia intervista, che hai commentato tagliando le parti che rendono significative le cose che ho detto, e delle cose che sostengo da tempo, riducendole alla battuta sui proverbi e sulle espressioni idiomatiche (va bene così?). Molto utile alla comprensione delle posizioni altrui. W i vecchi. Metodi.

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  2. la povera stellina si e' offesa. era piu' dignitosa la replica di stracquadanio a scanzi. un buon inizio.

    luca barattoni

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  3. Cosa ha detto in quell'intervista che valesse la pena di approfondire in modo serio? Rottamare la vecchia classe dirigente, senza indugio, cioè, quando sarà il momento. Poi Bersani lo risparmiamo, se ci mettiamo accanto Chiamparino; D'Alema pure, se ci mettiamo accanto Renzi; Vendola sì, ma con Di Pietro; tutti insieme sì, ma non contro Berlusconi; in attesa che cada da solo, se cade, battaglia culturale (quale?).
    Mi dia retta, caro Civati, si chiarisca un po' le idee ché poi ne riparliamo.

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  4. Sì, è il sarcasmo praghese sul santo che non sa guidare il popolo e monta il ventre del cavallo.

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