martedì 7 settembre 2010

Funziona



Affermare che «Dio non è necessario per spiegare l’universo» (Stephen Hawking) equivale a negarne l’esistenza: se è possibile spiegare l’universo senza dover ricorrere a un creatore, o quello che viene indicato come creatore è superfluo o non è creatore, e così a Dio viene meno l’attributo della sua necessità, senza la quale cadono le cinque prove ontologiche di Tommaso, che pongono ogni cosa in una relazione di necessità creaturale secondo il moto, la causa, la contingenza, il grado e il fine.
È che Tommaso si muoveva in un ambito relativamente ristretto, entro il quale le sue prove possono ancora sembrare schiaccianti: appena si esce da quell’ambito, nel quale il tempo e lo spazio conservano la rappresentazione ormai dimostrata aleatoria, la logica di Tommaso va in frantumi. Tempo e spazio non sono quello che ci sembrano e, soprattutto, non sono rigidi come gli assi sui quali costruiamo per comodità la rappresentazione degli eventi. Appena fuori dal ristretto ambito delle percezioni sensoriali, gli stessi eventi diventano irriducibili alle regole della logica corrente e, insieme a spazio e tempo, sfuggono alla comprensione della mente dell’uomo medievale.
Tuttavia Hawking è disposto a chiamare «Dio» ciò che può dare ragione della creazione dell’universo dal nulla, ma in questo caso non sarebbe un Dio creatore, tanto meno personale, né potrebbe essere entità preesistente al nulla o esterno ad esso, prima, e all’universo, poi: coinciderebbe col nulla, prima, e con l’universo, poi. Anche in questo caso, di fatto, Dio sarebbe negato, almeno per come è immaginato dalla sensibilità religiosa: sarebbe tutt’al più funzione, non causa, legge che obbedisce a se stessa. Potrebbe tutt’al più star bene ad un buddhista, ma sappiamo che il buddhismo è l’unica religione senza un Dio (né deismo, né teismo, nel buddhismo, tutt’al più filosofia o, meglio ancora, mistica fisica e precettistica).

Nell’ultimo suo libro (The Grand Design), di cui The Times ha pubblicato in questi giorni ampi stralci, Hawking è particolarmente esplicito su questi punti e l’uomo medievale non può che ricavarne irritazione.
Naturalmente, c’è Medioevo e Medioevo. C’è quello di don Livio Fanzaga di Radio Maria, che non si lascia neanche sfiorare dagli argomenti di Hawking, ma li respinge impugnando la logica di Tommaso (e, in contraddizione con se stesso, quella di Anselmo, contestata da Tommaso). È marasma, non si può definire in altro modo.
Ma poi c’è un Medioevo altrettanto buio, però meno rozzo (Piero Benvenuti – Avvenire, 7.9.2010). Giacché l’ipotesi di Hawking troverebbe una conferma in una Teoria del Tutto che dovrebbe poter dar ragione di ogni fenomeno fisico osservabile nell’universo – l’equivalente di una causa prima, che in Dio è esterna al fenomeno fisico, ma nella Teoria del Tutto coincide con la natura del Tutto – e giacché questa Teoria, ancorché dimostrabile, dovrebbe essere assunta con gli effetti di un atto di fede (perché il Tutto è così grande da non poter escludere eccezioni a qualsivoglia legge), nulla vieta di credere che possa essere successivamente destituita di fondamento. E perché? Potrebbe rivelarsi l’esistenza di un quid che non trovi adeguata spiegazione nel Tutto.
Siamo – se non si fosse compreso – alla ben nota elaborazione logica che assegna al soprannaturale tutto ciò che non si può afferrare ancora del naturale, nella convinzione che i mezzi umani non saranno mai in grado di afferrare tutto (o il Tutto). Privato dell’attributo della necessità, Dio se lo ripiglia: diventa necessario a riempire i buchi che l’uomo dovesse avere difficoltà a riempire nel caso la Teoria del Tutto rivelasse la necessità – eccola, la necessità! – di essere rivista.

Eppure Hawking è stato chiaro sul punto: col suo metodo «la scienza funziona», finisce sempre col funzionare meglio di ieri, e costringe l’idea di Dio ad arretrare sempre più laddove non funziona oggi, ma funzionerà domani. È così che Dio è stato sfrattato dai domini di ignoranza e di superstizione. Certo, all’uomo rimarrà sempre una domanda da porsi e nell’attesa di una risposta razionale ci sarà sempre qualcuno che offrirà la soluzione della fede, ma questa si va rivelando sempre meno funzionante dove la scienza funziona. L’incompatibilità tra ratio e fides si è fatta ormai irriducibile, lo dimostra il fatto che agli uomini di fede non basta più una condanna della ragione quando questa non voglia farsi ancella della fede: è sempre meno buio, è sempre meno Medioevo.

19 commenti:

  1. Grazie Malvino,
    voglio considerare questo post un regalo di compleanno qualche giorno dopo.

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  2. "Naturalmente, c’è Medioevo e Medioevo."

    Sarebbe interessante conoscere il pensiero di filosofi ebrei e musulmani a tal proposito. Perchè quando si parla del Dio creatore, mai ci si riferisce a Javhè o ad Allah ma, l'interlocutore per l'ateo, è sempre la chiesa cristiana?
    Secondo te può dipendere tutto questo dialogare da quella libertà ereditata da Gesù Cristo?
    orietta

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  3. se è possibile spiegare l’universo senza dover ricorrere a un creatore

    Con la teoria delle stringhe, non è possibile. Se Hawking dispone di una nuova teoria, o del ragionamento che completa la sua teoria e che non ha ancora reso disponibile alla comunità scientifica, sono tutt'orecchi.
    E' che a meno di contravvenire a ciò che s'intende per scienza, è logicamente impossibile risalire al tempo zero della creazione dell'universo, dal momento che lo spazio-tempo come possiamo concepirlo (anche con la teoria, con i modelli) non esisteva. La teoria dei pluriversi di Hawking è una credenza pura e semplice: nulla di scientifico potrà mai falsificarla, per la definizione stessa di universo come sistema chiuso. A meno di ipotizzarlo aperto: ma questo Hawking non lo fa, e non può farlo perché un universo comunicante non sarebbe universo, ma sarebbe soltanto una parte dello stesso universo.
    La cosa impressionante è che l'idea di Dio, ammesso che davvero vi si debba ancora pervenire per suggestione, alla luce delle attuali teorie cosmologiche a me sembra espandersi piuttosto che contrarsi, e farlo in direzione di una mistica e di una soteriologia sempre più disponibili alle emozioni umane più universali, eppure smentendo di ora in ora caratteristiche ancor più universali come la scaramanzia, frutto di (e finalmente dici bene) ignoranza e superstizione. A mano a mano che tali teorie progrediscono, esse non fanno altro che dimostrare l'infondatezza di tutte le assurdità teologiche sedimentatesi tra le escrescenze dei secoli.
    Ricordo una seconda cosa, fondamentale: si tratta di teorie. Non di leggi, non di dimostrazioni matematiche, ma di spiegazioni matematiche che s'incardinano attorno ad un modello che ci sembra approssimi al meglio le limitate informazioni degli accadimenti originari che sono pervenute sino a noi.

    in questo caso non sarebbe un Dio creatore, tanto meno personale, né potrebbe essere entità preesistente al nulla o esterno ad esso, prima, e all’universo, poi: coinciderebbe col nulla, prima, e con l’universo, poi

    Ribadisco: piacerebbe sapere come una teoria scientifica possa interferire con la trascendenza. Le dimostrazioni matematiche dell'inesistenza di Dio si fermano sulla stessa soglia delle prove logiche, ontologiche, matematiche della sua esistenza: sull'immenso cratere dell'unica proprietà indimostrabile di Dio: la sua trascendenza.

    Io sono agnostico, sono stato credente, sono stato ateo. Non si può non ammettere che, in tutti questi casi, si trattasse sempre di credere che Dio esistesse, o di credere che Dio non esistesse, o di credere di non poter credere in nessuna delle due credenze.
    Torno a dirlo: perché Dio, se esiste, è trascendente. Dio non è dimostrabile, Dio non può essere afferrato da alcuna modellizzazione umana.

    Dall'altra parte, resta la domanda del crollo di alcuni Dio particolarissimi: quello cristiano, quello musulmano, eccetera. Ma non credo vi fosse bisogno di una teoria dell'universo per distruggere le centinaia di ettari che occupano illegittimamente le architetture storiche dell'idea di Dio.

    Insomma: Hawking, quando vuole dimostrare con la matematica la non necessità di un Dio, dice coglionate talmente tanto gravi, da una parte, e tanto inutili dall'altra che non arrivo a capire perché ogni volta ci si debba perdere tanto tempo, dietro, come se fosse la prima volta.

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  4. Una volta tanto devo dissentire da q-brick su diverse questioni.

    Per prima cosa, basta con questa storia della falsificabilità come criterio di demarcazione!, i comunisti ancora convinti che il materialismo storico sia una teoria scientifica sono ormai quattro o cinque, e l'interpretazione dei sogni ormai boccheggia persino nell'ambito delle sole "scienze umane"; i tempi sono dunque maturi perchè Popper sia relegato definitivamente in soffitta.

    Attenzione, poi, a non confondere una teoria delle interazioni con un modello cosmologico che ne faccia uso; per fare un esempio, non è certo la cosiddetta teoria della relatività generale - ossia la teoria della gravità di Einstein - a "predire" il big bang, ma solo alcuni particolari modelli cosmologici (FRW) che che sono formulati attraverso quella teoria (ovvero che sono scritti usando le calligrafia, la semantica, le convenzioni di quella teoria).

    Per capire esattamente cosa Hawking abbia tirato fuori dal cilindro temo occorrano svariati anni di studio dedicato; per cui ci andrei piano a dire che sono coglionate: è impossibile valutare dall'esterno quanto il suo modello potrebbe rivelarsi interessante - laddove con interessante si intenda che quand'anco un giorno quel modello dovesse rivelarsi "non troppo accurato", potrebbe comunque essere stato fecondo per tirar fuori qualcosa di "un po' più accurato".

    Coglionata è al massimo il rendicontino giornalistico, la traduzione del modello di Hawking che "prevede" questa "creazione dal nulla" in termini di esistenza/non esistenza degli dei. Ma neppure: coglionata è solo la pretesa di leggere quella traduzione come significativa a livello ontologico - peraltro farei notare come qui non si stia affatto parlando di un generico dio, ma solo di un demiurgo.

    Coglionata è leggere la frase "dio non gioca a dadi" non come una ben precisa critica ad una teoria scientifica - cui Einstein rimproverava l'incompatibilità con il realismo locale (ed è solo a questo punto, in questo suo personale disagio, che un qualche tipo di discorso di "fede" può eventualmente rientrare in ballo!) - ma come una speculazione intorno alla propensione divina al gioco d'azzardo.

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  5. Intanto ciao, Atla'! Spero che riesca a leggere questo commento, pur senza notifiche, ché mi interessa particolarmente la tua risposta (e quella di Malvino, se ne ha voglia).

    Fammi capire: superamento di Popper verso dove, e in che senso? La teoria scientifica, sempre frutto di uno sforzo creativo, deve includere eleganza e operazionabilità: per questo deve sempre poter generare previsioni falsificabili, e solo in tanto in quanto le genera è scientifica e non soltanto 'teoria', e solo in tanto in quanto le genera non può parlare di trascendenza, e proprio in quell'esatto ambito non può trarre derivazioni teologiche, teogoniche, e via discorrendo.

    Che una teoria non nasca da nude formule matematiche ma se ne serva per intersecarle con la creatività dell'uomo non consente comunque di dire che vi siano altri ambiti scientifici in cui essa è applicabile e che non necessitino della sua falsificabilità. E dunque, se Popper era forse troppo stretto, non vedo per le scienze alcuna possibilità di allargamento oltre il criterio empirico di prova e dimostrazione.
    A meno di cambiare la definizione di scienza, e dunque di sfondare nella religione.

    Insomma: could you elaborate on that? :)


    Coglionata è al massimo il rendicontino giornalistico, la traduzione del modello di Hawking che "prevede" questa "creazione dal nulla" in termini di esistenza/non esistenza degli dei.

    Momento: Popper ha scritto un libro a quattro mani, di poco più di 200 pagine, in cui dice esattamente quello. Non si tratta di una riduzione giornalistica, ma del riassunto di un libello che non contiene formule ulteriori alla teoria delle stringhe, ma elaborazioni intellettuali e speculazioni attorno a quella teoria.
    In questo caso non mi sembra siano i giornalisti ad essere in errore, ma il senso stesso di quel libriccino (che non ho letto, eh: ma se ovunque trovo lo stesso errore, diciamo che aumentano le probabilità che a commetterlo non siano stati tutti gli altri, ma gli autori del libro).

    RispondiElimina
  6. Intanto ciao, Atla'! Spero che riesca a leggere questo commento, pur senza notifiche, ché mi interessa particolarmente la tua risposta (e quella di Malvino, se ne ha voglia).

    Fammi capire: superamento di Popper verso dove, e in che senso? La teoria scientifica, sempre frutto di uno sforzo creativo, deve includere eleganza e operazionabilità: per questo deve sempre poter generare previsioni falsificabili, e solo in tanto in quanto le genera è scientifica e non soltanto 'teoria', e solo in tanto in quanto le genera non può parlare di trascendenza, e proprio in quell'esatto ambito non può trarre derivazioni teologiche, teogoniche, e via discorrendo.

    Che una teoria non nasca da nude formule matematiche ma se ne serva per intersecarle con la creatività dell'uomo non consente comunque di dire che vi siano altri ambiti scientifici in cui essa è applicabile e che non necessitino della sua falsificabilità. E dunque, se Popper era forse troppo stretto, non vedo per le scienze alcuna possibilità di allargamento oltre il criterio empirico di prova e dimostrazione.
    A meno di cambiare la definizione di scienza, e dunque di sfondare nella religione.

    Insomma: could you elaborate on that? :)


    Coglionata è al massimo il rendicontino giornalistico, la traduzione del modello di Hawking che "prevede" questa "creazione dal nulla" in termini di esistenza/non esistenza degli dei.

    Momento: Popper ha scritto un libro a quattro mani, di poco più di 200 pagine, in cui dice esattamente quello. Non si tratta di una riduzione giornalistica, ma del riassunto di un libello che non contiene formule ulteriori alla teoria delle stringhe, ma elaborazioni intellettuali e speculazioni attorno a quella teoria.
    In questo caso non mi sembra siano i giornalisti ad essere in errore, ma il senso stesso di quel libriccino (che non ho letto, eh: ma se ovunque trovo lo stesso errore, diciamo che aumentano le probabilità che a commetterlo non siano stati tutti gli altri, ma gli autori del libro).

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  7. Intanto ciao, Atla'! Spero che riesca a leggere questo commento, pur senza notifiche, ché mi interessa particolarmente la tua risposta (e quella di Malvino, se ne ha voglia).

    Fammi capire: superamento di Popper verso dove, e in che senso? La teoria scientifica, sempre frutto di uno sforzo creativo, deve includere eleganza e operazionabilità: per questo deve sempre poter generare previsioni falsificabili, e solo in tanto in quanto le genera è scientifica e non soltanto 'teoria', e solo in tanto in quanto le genera non può parlare di trascendenza, e proprio in quell'esatto ambito non può trarre derivazioni teologiche, teogoniche, e via discorrendo.

    Che una teoria non nasca da nude formule matematiche ma se ne serva per intersecarle con la creatività dell'uomo non consente comunque di dire che vi siano altri ambiti scientifici in cui essa è applicabile e che non necessitino della sua falsificabilità. E dunque, se Popper era forse troppo stretto, non vedo per le scienze alcuna possibilità di allargamento oltre il criterio empirico di prova e dimostrazione.
    A meno di cambiare la definizione di scienza, e dunque di sfondare nella religione.

    Insomma: could you elaborate on that? :)


    Coglionata è al massimo il rendicontino giornalistico, la traduzione del modello di Hawking che "prevede" questa "creazione dal nulla" in termini di esistenza/non esistenza degli dei.

    Momento: Popper ha scritto un libro a quattro mani, di poco più di 200 pagine, in cui dice esattamente quello. Non si tratta di una riduzione giornalistica, ma del riassunto di un libello che non contiene formule ulteriori alla teoria delle stringhe, ma elaborazioni intellettuali e speculazioni attorno a quella teoria.
    In questo caso non mi sembra siano i giornalisti ad essere in errore, ma il senso stesso di quel libriccino (che non ho letto, eh: ma se ovunque trovo lo stesso errore, diciamo che aumentano le probabilità che a commetterlo non siano stati tutti gli altri, ma gli autori del libro).

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  8. Carissimo q-brick, penso di poter dire che siamo abbastanza d'accordo su Hawking e profondamente in disaccordo su Popper. Giudica tu stesso.

    1. Ho sentito anch'io, distrattamente, del libro di H; alla fine, sempre se non ho capito male, tutto il baillamme nasce proprio dalle sue anticipazioni-stralcio proposte dal Times.
    Ma appunto, sempre se non erro, dovrebbe trattarsi di un lavoro di taglio storico/divulgativo (prima ho infelicemente usato il vocabolo "giornalistico"), non certo "scientifico".

    La cosa scientificamente interessante - poichè in qualche modo "nuova" - dovrebbe essere la messa a punto di questi modelli [di cui non so nulla, neppure se relativamente ad essi ad H spetti un qualche tipo di paternità] in base ai quali la stessa nascita dell'universo non necessiterebbe neppure di un innesco, da ricercarsi al di fuori della sfera della fisica - comunemente accettata, o quasi.

    Tutto il resto è solo un giochino; mettere quella faccenda nei termini "gli dei sono stati scacciati via dallo spazio-tempo" (magari con un richiamo a quel Laplace che a suo tempo s'era limitato a cacciarli via dal sistema solare) è soltanto una chiosa, una suggestione.
    Suggestione direi tutto sommato legittima - esattamente come quelle che propone Malvino, ma forse ve ne sarebbero a bizzeffe (si pensi alla metafora orologio-orologiaio) - perchè la parola dio - suggestiva essa stessa, e priva di denotato su cui vi sia il benchè minimo accordo intersoggettivo - non è coperta da copyright, non appartiene in esclusiva al popolo dei credenti, chiunque ha diritto a giocarci un po', ed Hawking s'è voluto fare un giro di giostra; è un divertimento, magari un escamotage per vendere libri, o provocare un certo tipo di reazioni; di certo, specie se, come mi dici, il libro non contiene nemmeno un'equazione, la scienza s'era fermata a prima della prima di copertina; del resto fortunatamente la scienza odierna non si occupa di alcun dio.

    PS: non credere ch'io consideri H una specie di semidio; per esempio, le sue speculazioni intorno al principio antropico nel mio piccolo le considero irricevibili...

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  9. [lo so, ho scritto davvero troppo; il bello è che ho anche tagliato molto; vogliate perdonare tutte le sciocchezze profuse]

    2. Nessuno può decidere cosa è scientifico e cosa non lo è, neppure P; il criterio di demarcazione che lui ha proposto ha svolto un suo (relativamente importante) ruolo storico, ma per la scienza è del tutto privo di utilità.

    Non so di alcuno scienziato che si sia mai chiesto se stesse lavorando su qualcosa di più o meno falsificabile; così, a occhio, mi viene da dire che ci saranno più richiami a Popper nel blog di Attivissimo che in tutto Physical Review Letters; Popper è l'idolo di chiunque diffonde pseudo-scienza, di chi intende procacciarsi un imprimatur di scientificità per le proprie tesi.

    Peraltro, a volerlo prendere sul serio, ci si imbatte in un coacervo di situazioni spiacevoli ed irresolubili.

    La teoria delle M-brane - o delle stringhe, se preferisci - non è falsificabile; e allora cos'è? poesia? letteratura?

    Prima che si trovasse una sola situazione indagabile sperimentalmente in cui la predizione della relatività generale differisse quella classica (e della relatività ristretta) ci vollero - credo - degli anni; verrebbe da chiedersi che cosa è accaduto in quel mentre, se la relatività sia stata o meno una teoria scientifica prima delle misure sulla precessione del perielio di Mercurio.

    Duhem aveva forse capito, e forse addirittura prima che P nascesse, che non può esistere alcun experimentum crucis; o, per dirla come Lakatos, la natura può solo rispondere incoerente (non falso!).
    La qual cosa non è affatto una bislacca speculazione: per esempio cosa falsificavano gli esperimenti che non permettevano di rilevare alcun moto relativo tra la terra e l'etere? la relatività galileiana? la rigidità dei regoli? le equazioni di Maxwell?

    Potrei continuare per delle ore, non funziona.

    Peraltro tutta questa enfasi sulla dimensione empirica è fuorviante, e fa riferimento ad una situazione di fatto superata da un pezzo; peraltro lo stesso Galileo, inventore della fisica sperimentale, era invero un teorico - e molti degli esperimenti che pure descrive nei minimi particolari non furono mai svolti.

    Ci sarebbe, poi, il discorso della matematica, ma questo margine è troppo piccolo per riportarlo.

    Peraltro la questione va a sfotticchiare un problema linguistico: potrà mai la scienza non essere ciò che in un dato momento storico gli italiani chiamano scienza? Probabilmente no, e con tutti i rischi del caso - per esempio sentir dare dello scienziato ad un inventore di sistemoni per il superenalotto.

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  10. Rieccoti. Bel dibattito, sul quale passo volentieri qualche ora a ragionare. Quanto ad Hawking e al concetto di Dio, d'accordo: si tratta di suggestione, e infatti la caratteristica di trascendenza che io gli ho attribuito non è accettata da chiunque voglia parlare di Dio.
    Ma se parliamo di un Dio trascendente, come fanno alcuni cristiani, e a quel Dio Hawking pare fare ogni sforzo per riferirsi (ripeto: non ho letto il libro, perciò non posso che fidarmi di chi ne ha parlato, per adesso), allora spero tu mi conceda di giocare tranquillamente con l'attributo della trascendenza.
    Che è poi, sempre, attributo totalmente trascurato da parte di chi partendo dalla scienza vorrebbe giungere a negare un posto a Dio non soltanto nella storia ma anche fuori di essa, o insieme fuori e dentro al concetto di causalità, in modi che per noi sono (per definizione) imperscrutabili (Odifreddi è un ottimo esponente di questa insopportabile scuola dell'ovvio).
    Legittimo, invece, come fa Malvino qui sopra - e credo che dal mio primo intervento si possa capire che avessi iniziato a scrivere prima di terminare di leggerlo - o come fa Dawkins altrove, sostenere che Dio sia stato gettato fuori dalla biologia e dalla teoria cosmologica.
    Penso però che chi ce li volesse fare rientrare non fosse altro che un bello stronzo, dal momento che si tratta in entrambi i casi di due scienze, e che la scienza per definizione esclude l'intervento divino.

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  11. Detto questo, torniamo un attimo a Popper:

    La teoria delle M-brane - o delle stringhe, se preferisci - non è falsificabile; e allora cos'è? poesia? letteratura?

    Ciò che dici per quanto riesco a capire non è del tutto vero, a mio parere a causa di un'incomprensione di fondo: l'indistinzione tra teoria e modello.
    Per la parte che non è falsificabile, la teoria non è che ottima letteratura e nient'altro: una maniera più elegante (ma certo non più semplice) di altre per descrivere fenomeni che ammetterebbero spiegazioni da parte di teorie contrastanti. La nostra M-teoria non è ancora stata accettata dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica proprio perché esistono altre teorie concorrenti per spiegare la stessa realtà. Perché possa essere accettata, però, la teoria di Hawking et al. deve poter derivare dai modelli ad essa collegati delle ipotesi falsificabili (un certo quantitativo di materia oscura nell'universo; una certa quantità di un certo tipo di radiazione emessa da particelle conosciute; la presenza di altre particelle sconosciute; una particolare geometria delle particelle elementari e dello spazio stesso).
    Altrimenti resta suggestione, e ciò che teorizza resta non suffragabile da alcun elemento esterno. Dunque resta letteratura, poesia: in ultima analisi, semplice credenza.
    Tu parli della teoria della relatività generale: proprio il decorso della sua fortuna dovrebbe dimostrarti che si sia trattato di una teoria falsificabile (poiché faceva predizioni misurabili) e nei decenni mai falsificata. L'accumularsi di evidenze empiriche in accordo con le predizioni del modello derivato dalla teoria ha condotto la comunità scientifica ad abbracciare la validità della teoria stessa. Mentre per la relatività speciale prove sufficientemente abbondanti provenivano già dall'esperimento di Michelson-Morley, che tu stesso citi, e si trattava soprattutto di dare una spiegazione matematica dei moti fisici postulando la costanza della velocità della luce a prescindere dal sistema di riferimento - spiegazione matematica che a tutti, fino a quel momento, sfuggiva.
    Se per la relatività ristretta, dunque, il processo fu in parte popperiano a posteriori (cioè: alcuni degli elementi falsificabili esistevano già, ma non esisteva una teoria che li spiegasse tutti e in maniera elegante), per quella generale l'intuizione giunse - per quanto ne so - in massima parte a priori e sulla base di pochissimi indizi, e le prove andarono accumulandosi nel tempo. In entrambi i casi, dalla teoria è stato possibile estrapolare predizioni specifiche ben prima che esistessero strumenti sufficientemente precisi per verificarle, ma fino al momento in cui una massa critica di evidenze non è emersa, nessuno si sognò di accettare la relatività generale 'as is'.

    RispondiElimina
  12. Non ho capito, ma sono convinto che sia un limite mio e mi piacerebbe se prima o poi approfondissi il concetto, in cosa l'incoerenza delle risposte della natura sollevi lo scienziato dalla possibilità della falsificazione delle sue teorie.
    Nella fattispecie non ho compreso se postuli l'inconoscibilità dell'essenza del reale, e in cosa ciò rilevi quando si parla di scienza (ovvero di esperimento empirico, per definizione basato sugli strumenti di cui l'uomo dispone e fabbrica, e su concetti umani); e non ho capito - non avendo letto Duhem, tieni presente - perché all'assenza di un 'experimentum crucis' non possa essere sopperito tramite l'incoerente (appunto!) accumularsi di verifiche indipendenti delle predizioni di una teoria scientifica.
    Una teoria scientifica non predittiva è inutile, come tale è anche fuori dall'universo delle teorie scientifiche.

    Peraltro Hawking mi sembra ricadere totalmente nell'accettazione del principio popperiano della falsificazione, tanto che dalla sua teoria ricava conseguenze misurabili e che dovrebbero contraddire il senso comune. Si attende, appunto, la possibilità di verificarle (o, meglio, l'assenza di una prova che le falsifichi).

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  13. Non potendomi esimere dal replicare - essendo stato io il primo a tirare il sasso contro Popper - e tuttavia non volendo deragliare dall'OP, su questo tuo ultimo intervento ho provato a risponderti qui.

    Su quanto dici nel tuo penultimo intervento, mi concedo due lampi. (a) Credo che la meccanica quantistica sia generalmente accettata non in quanto teoria falsificabile ma non ancora falsificata (peraltro come si fa a falsificare l'affermazione per cui un sistema possa essere descritto da un vettore in uno spazio di Hilbert? o che l'impulso sia -i∇? come si falsifica un assioma? o una definizione?), ma perchè, tra le altre cose, aveva previsto che un certo numerino venisse: 0.001159652359 ± 0.000000000282, e quando si è andati a fare l'esperimento "sul display del misuratore è apparso": 0.001159652209 ± 0.000000000031; una delle predizioni più accurate della storia, con buona pace di ogni falsificazionismo. (b) Attenzione, non si trattava mica di accettare "as is" la validità della relatività generale; ma solo di accettarne la scientificità, la sua validità come proposta scientifica.

    Sugli dei, io purtroppo non son sicuro di seguirti; per trascendente io intendo qualcosa che è al di là di qualcos'altro - i sensi, le leggi della fisica, il pensiero.
    Ma di un dio che sia mera trascendenza, a chi interessa veramente?, se un dio non riesce a farmi vincere la guerra qualora gli sacrifichi l'opportuno numero di capri o vergini, se non mi aiuta a passare l'esame, se non fa tornare zero la somma delle giustizie e delle ingiustizie - vedi la voce "ateismo" nel Dizionario Filosofico dio Voltaire - se non mi fa sentire benvoluto, protetto o comunqe giusto, di lui che me ne faccio?
    Insomma dio deve stare continuamente tra i piedi, come una sorta di eterno papà che non sa rassegnarsi all'idea che i suoi figli siano cresciuti. Ma se invece se ne sta tutto il tempo negli intermundia, potrà mai l'esito finale differire davvero da Epicuro?

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  14. Atlantropa scrive: "una delle predizioni più accurate della storia, con buona pace di ogni falsificazionismo"

    Esattamente il contrario, a mio avviso: quella predizione era inaccessibile (come altre) alla fisica classica, che ne fu ulteriormente falsificata (al contrario di quella quantistica) e per questo all'oggi non è più adottata (se non nelle ristrette situazioni in cui è valida con ottima approssimazione). Per inciso: all'epoca di quell'esperimento praticamente nessuno nel mondo accademico (almeno tra gli specialisti particellari) credeva che la fisica classica potesse ancora competere con quella quantistica.

    "peraltro come si fa a falsificare l'affermazione per cui un sistema possa essere descritto da un vettore in uno spazio di Hilbert? o che l'impulso sia -i∇? come si falsifica un assioma?"

    L'errore di fondo sta nel ritenere che queste siano le affermazioni che andrebbero falsificate se si volesse falsificare la meccanica quantistica, invece che le previsione che essa fa in conseguenza di esse. Lo spazio di Hilbert non è altro che un metodo (funzionante) di definire la meccanica quantistica, esattamente come le funzioni integrabili definirono la gravità Newtoniana, ma non ne incarna affatto il contenuto in senso assoluto (che è esclusivamente derivabile dai calcoli espliciti e previsioni che il modello consente di svolgere).

    Il "falsificazionismo", poi, scusate se lo rimarco, è una condizione necessaria per definire cosa è scienza, e non sufficiente, altrimenti anche la Storia e le mappe nautiche sono scienza.

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  15. Paolo, per prima cosa mi permetta di dire che forse ciò che ho inteso dire sul rapporto giromagnetico dell'elettrone è stato frainteso.
    Si trattava, appunto, di mostrare fino a che punto una delle predizioni più accurate della storia della fisica (e dell'umanità) sia stata, appunto, accurata.
    Essendo uomini, i fisici sono generalmente inclini a convincersi che una predizione così accurata non possa essere capitata per puro caso.
    La MQ ha un sacco di punti di forza per poter essere "creduta", dalla sua profonda eleganza formale (no, la struttura degli spazi di Hilbert non è un qualche tipo di metodo operativo frugiferente, è la MQ stessa!) all'enormità della scala lineare su ci è stata applicata, dagli immensi successi sperimentali (con tanto di pletora di ricadute tecnologiche) alle molte situazioni teoriche "inaspettate" che la sua struttura matematica ha permesso di intuire in anticipo sull'osservazione; e tutte queste cose, nel tempo, hanno finito per prevalere sulle sue "stranezze".
    Credo che questa confidenza sia qualcosa di abbastanza simile a ciò cui i viennesi facevano riferimento parlando di verificabilità, che Popper ha vivacemente contestato - per poi reintrodurla surrettiziamente nelle sue teorie con il concetto di "corroborazione".
    Uno dei parametri essenziali per il successo (tutto umano) di una teoria scientifica è, per l'appunto, il bilancio tra le cose di cui dà conto e quelle che non spiega, trascura, fraintende, o ignora del tutto; tutto ciò con buona pace di Popper.

    Quanto, poi, lei dice sulla meccanica classica non mi trova affatto d'accordo; dal momento che innegabilmente la quasi totalità delle attività umane si basa ancora su quella teoria, parlarne come di un qualcosa di stra-falsificato, superato, mi pare decisamente un azzardo.

    Porre, poi, l'accento sulle predizioni di una teoria e non sull'edificio teorico in sè, mi pare fuorviante ed inattuale. Se per le predizioni fossero così importanti come talvolta si sostiene, allora i dipartimenti di fisica andrebbero letteralmente decimati.

    Infine, per parte mia quello che maggiormente contestavo è proprio l'attualità del problema della ricerca di un criterio di demarcazione tra scienza e non scienza (a prescindere da chi sono i ricercanti, e da tipologia e numero delle condizioni richieste). Oramai essa appare un mero esercizio intellettuale, che non solo non permette di compiere alcun passo avanti, ma anzi, opportunamente strumentalizzato, finisce per dare credibilità a chi non dovrebbe averne alcuna.

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  16. @ Atlantropa

    Devo mio malgrado frammentare la mia lunga risposta. Parto da un suo inciso:

    "la struttura degli spazi di Hilbert non è un qualche tipo di metodo operativo frugiferente, è la MQ stessa!"

    Devo dissentire. Non ho negato e non nego affatto che lo spazio funzionale di Hilbert sia un elemento essenziale, straordinariamente ingegnoso ed efficace e caratterizzante della meccanica quantistica nella sua formulazione canonica. Trovo tutt'altro che condivisibile però sostenere che esso sia la MQ stessa. Definire uno spazio di Hilbert senza stabilire quali siano (o definendone di diverse) le leggi dinamiche cui sottostanno le funzioni d'onda e senza precisare come da esse si debbano dedurre le probabilità nelle osservazioni fisiche è quasi la stessa cosa (a mio parere) che dire che la grafia delle lettere -senza assegnare le regole del linguaggio e il significato ai vocaboli- è il linguaggio stesso. La MQ con il solo ausilio della definizione dello spazio di Hilbert è un bellissimo contenitore matematico, ma vuoto rispetto alla rilevanza per il mondo osservabile.

    Continuo a non veder la differenza con Newton e la ipotetica pretesa che il calcolo differenziale debba farsi coincidere con l'essenza delle leggi di gravitazione, e non con lo spazio matematico su cui quelle leggi vengono definite e i calcoli svolti, stante il fatto che la differenziabilità dello spazio-tempo è del tutto inosservabile data l'impossibilità di misurare direttamente in natura un differenziale esatto. Ed è d'obbligo aggiungere che la MQ stessa definisce non osservabili le funzioni d'onda, per cui non comprendo la ratio del denunciare la non osservabilità di una quantità che si assume non essere osservabile nella stessa teoria, come elemento di prova della sua non falsificabilità.

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  17. 3/4

    "dal momento che innegabilmente la quasi totalità delle attività umane si basa ancora su quella teoria, parlarne come di un qualcosa di stra-falsificato, superato, mi pare decisamente un azzardo".

    Premetto che non ho affatto affermato che la fisica classica è "superata" nel senso che il verbo acquista all'interno di questa frase. In buona parte credo di aver già risposto. Il punto è che la MQ spiega anche quei fenomeni, ma la fisica classica viceversa non spiega affatto i fenomeni quantistici. La fisica classica della quotidianità è la fisica quantistica applicata alle comuni condizioni quotidiane. Cosa ancora più drammatica, solo la fisica quantistica ci consente di dedurre i confini di quella classica, di dirci cioè quando saremmo in errore se pretendessimo di fare un calcolo classico; viceversa la fisica classica non dice affatto di sé fino a quando essa è valida, ragion per cui i limiti stessi di ciò che indico come "attività umana" che posso descrivere classicamente è informato dalla conoscenza dei quanti (a meno di voler sostenere che quando si costruisce un laser o un computer si possano trascurare allegramente le leggi quantistiche perché tanto è una "attività umana" come tante altre, sperando di avere lo stesso successo).

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  18. 4/4

    "Porre, poi, l'accento sulle predizioni di una teoria e non sull'edificio teorico in sè, mi pare fuorviante ed inattuale. Se per le predizioni fossero così importanti come talvolta si sostiene, allora i dipartimenti di fisica andrebbero letteralmente decimati".

    Premesso che se nell'ultima frase riscontrassimo del vero non dovremmo automaticamente dedurre che allora Popper era in errore, devo innanzitutto dire che non comprendo appieno il primo punto: credevo che si stesse criticando il "falsificazionismo", ma una critica alla predicibilità della scienza non mi pare un argomento di critica ad esso (anzi, avevo capito che uno dei punti di forza della MQ secondo lei erano le situazioni che "la sua struttura matematica ha permesso di intuire in anticipo sull'osservazione"). Sull'altra linea si potrebbe inoltre andare in là a sostenere che le officine dei centri di ricerca andrebbero chiuse perché saldare due piastre che servono per assemblare un esperimento non è scienza: ma qui credo che si debba disquisire della scienza come sbocco ultimo delle attività che la compongono, e che quindi ne definiscono l'impresa, e non dei singoli mattoni costituenti (come la matematica).

    Non vedo il problema nel distinguere ciò che costituisce legittima indagine scientifica, matematica o fisico-matematica da ciò che è una compiuta teoria scientifica: se questa ultima è lo sbocco finale atteso (che sia nell'immediato o meno) allora quelle attività necessarie sono inevitabilmente scienza anche esse (o materie di supporto), non per investitura ma perché tramite il loro uso nelle teorie si consente la sviluppo dei modelli e degli strumenti di verifica.

    L'indagine matematica è certamente l'humus della fisica e in maniera minore sustrato di altre scienze, ma non è congruente alla fisica fino a che qualcuno non mi dica che cosa cavolo sono x ed y e cosa devo misurare, verificare o sperimentare (o viceversa, fanno parte dell'impresa scientifica nella misura in cui si predice che un giorno qualcuno saprà definire x e y in modo utile per usarle in una teoria scientifica). La definizione di cosa è in ultima analisi "scienza" non può confondersi con gli strumenti della scienza, né si può pretendere di applicare tale definizione anche agli strumenti minuti della scienza, esattamente come non si può analizzare lo scopo del linguaggio chiedendosi cosa comunichino la penna, l'inchiostro, la grafia.

    Sull'ultimo suo periodo confesso di averlo trovato non sufficientemente esplicito per me da comprenderlo, faccio così un'ultima annotazione sul fattore giromagnetico: ritengo che la valenza simbolica di quell'esperimento sia stata soprattutto filosofica, per chiarire che andava smentita la percezione di taluni che la fisica quantistica, introducendo l'indeterminazione, stesse imponendo assiomaticamente una nostra rinuncia alla conoscenza dettagliata e precisa di certi fenomeni e quindi volesse surrettiziamente introdurre una giustificazione ad una impotente rinuncia di conoscenza: esso dimostrò che al contrario, grazie proprio ad essa, era diventato possibile eseguire le misurazioni più accurate mai ottenute.

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  19. Paolo, mi scusi per la tardiva risposta.
    Che peraltro sarà una non-risposta: perchè mi piacerebbe davvero discutere di questi argomenti, e perchè, citando C. Schultz, da buon fanatico sono sempre pronto per una discussione; ma temo che questo ci spingerebbe troppo fuori contesto rispetto all'OP.

    PS: Però, se anche a lei va di continuare a parlare di queste faccende, perchè non ci spostiamo da lei? L'ho messa tra i feed, così da accorgermi se deciderà di aprire una discussione ""specifica"".

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