domenica 17 aprile 2011

Non può negarsi


Fabio Brotto scrive: “Il pensiero della non esistenza di Dio è già un pensiero metafisico. Fondato su una proposizione dichiarativa-metafisica. In questo senso, tutto il gran darsi da fare di materialisti di ogni tipo per smontare la plausibilità della credenza è la conferma del fatto che il pensiero umano ha sempre bisogno della trascendenza, anche nella sua negazione. E il motivo è semplice: anche il pensiero più ateo è per sua natura una realtà trascendente. Mi impressiona, in questo senso, la faciloneria con cui si usa il termine «realtà» (oggi molto più usato del termine «verità»). Esso è maneggiato da tutti in modo superficiale ed acritico. Come se non fosse una bomba metafisico-epistemologica” (Brotture, 17.4.2011).

Sciocchezze sentite mille volte, e che possono anche sembrare profonde, ma siamo a quel livello di logica che consente a un prete, trionfante sull’ateo al quale sia scappato un “porcodio”, l’esclamazione “ma allora vedi che sei costretto ad ammetterne l’esistenza?”, montandosi la testa fino a sentirsi un sant’Anselmo. Logica che al primo “perbacco” è costretta a mettere sullo stesso piano (fenomenologico e perfino ontologico) Dio e Bacco.
È il solito sillogismo zoppo che ci perseguita da secoli: se penso Dio, Dio è nel mio pensiero; è l’ente propriamente metafisico, e quindi il mio pensiero non può che avere dimensione congrua a Dio; non posso negare l’esistenza di Dio senza negare la piena dimensione del mio pensiero, e quindi io esisto solo se esiste Dio. E Bacco no?
Prima che epistemologica, la bolla di scollamento è linguistica: il trucco del treccartaro qui sta nel fare scivolare, fino a separarli, il piano del significato su quello del significante, e più la mano è lesta, più il trascendente pare plausibile fino al necessario, come contenuto e contenente della bolla.

Ma prima di tutto: cos’è una proposizione “dichiarativa-metafisica”? I sudati tomi di filosofia e teologia non ne danno notizia, sarà un concetto introdotto dal Brotto. Non lo spiega, sicché siamo costretti a congetturare. Se la “proposizione dichiarativa” è la subordinata completiva di una frase che lega a Bacco il predicato di compresenza, allora nel dire “Bacco non c’è” faccio “proposizione dichiarativa-metafisica” dell’esistenza di Bacco? O è questo o Brotto l’ha butta lì solo per impressionarci un po’. Se lo escludiamo, perché il Brotto si atteggia a persona seria, dobbiamo ritenere che per lui è vero – o reale, a piacere – ciò che è partecipato (completivamente) di compresenza metafisica, per il solo avere un predicato (non importa quale): neghi l’esistenza di Bacco e, oplà, gli dai vita. Se poi neghi l’esistenza di un creatore onnipotente e onnisciente, eccolo, l’hai creato (e allora vuol dire che lui ha creato te).
Insomma, detto in posa solenne: “il pensiero umano ha sempre bisogno della trascendenza, anche nella sua negazione”. Messa così, la cosa sembra quasi reggere. Zoppica, è vero, ma, se proseguiamo zoppicando anche noi, ci raggiunge e ci convince: andiamo tutti a farci una bevuta da Bacco. Venga pure Brotto, non può negarsi.

14 commenti:

  1. Già. Capisco che citare Kant - di questi tempi - non sia esattamente una scelta alla moda (si rischia di passare per snob ed essere censurati dal pachiderma fogliante che pascola in televisione dopo il telegiornale), però questi sembravano problemi risolti una volta per tutte con quella manciata di Talleri coniati dalla zecca di Königsberg, no?

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  2. Quando fai il kantiano mi fai morire!

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  3. ... Esso è maneggiato da tutti in modo superficiale ed acritico. Come se non fosse una bomba metafisico-epistemologica.

    Tenetelo lontano dalle zappe, o procurategli scarpe d'acciaio.

    Cosa sarebbe, poi, un pensiero metafisico ?  Esiste anche un pensiero fisico ?  Come si distinguono ?

    Prendi un pensiero sulla metafisica, con la destra tiri fuori un piccione dal cilindro, con mancina noncuranza sforbici via sulla, quindi, fidando sul pubblico distratto, parti a disquisire di pensiero metafisico.

    Affabulazione, fumistica, pindarismo, involuzione, salti logici, cripticità, metafore che invece di svelare nascondono, intorbidamento del lessico (e della sintassi) ... e via andare con tutto l'armamentario sofistico. Il discorso fideistico mostra bene (a chi vuol vedere) l'esigenza di non esplicitare e precisare troppo le proprie fondazioni e argomentazioni, per loro natura sbilenche e inconsistenti.

    Sulla problematicità del concetto di 'realtà', nulla da obiettare, solo che può non trovare altrettanto problematico quello di 'verità' solo chi ritiene di non doversene preoccupare perché altri hanno la funzione di fornirgliela già confezionata.

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  4. @gadilu: ben citato Kant. Peccato che scordi una cosa: affermazioni circa l'esistenza o inesistenza di Dio per Kant hanno lo stesso valore. Che è circa quello che dice questo Brotto. Espungendo naturalmente il richiamo ad un bisogno metafisico, assolutamente insensato.
    Questo articolo però, purtroppo, sposta capziosamente il problema da "parlare di Dio anche negandolo è un'asserzione metafisica" alla "prova" ontologica anselmiana e alle cazzate (dette da alcuni credenti) sulla bestemmia, che naturalmente hanno l'una meno valore dell'altra, ma che con un'affermazione che si può (nota: si può)intendere in senso meramente agnostico come quella di inizio articolo nulla ha a che spartire. Tale affermazione è l'unica che posso riconoscere come non metafisica sia nelle pretese che nei contenuti.

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  5. @ kantiano
    "Affermazioni circa l'esistenza o inesistenza di Dio per Kant hanno lo stesso valore". Dov'è che lo scrive, esattamente?

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  6. Non mi ha pubblicato il commento, mi pare, quindi lo riscrivo per sicurezza. Scusate se l'esito sarà in doppio post.
    @gadilu: ottima la citazione di Kant. Dimentichi però una cosa: per Kant qualunque asserzione sulla esistenza o non esistenza di Dio è metafisica e indimostrabile; affermarla o negarla hanno egual valore. Senza che questo voglia significare alcun "bisogno metafisico dell'uomo", come questo Brotto ahilui sostiene. Certo inoltre che la prova ontologica qui mal riportata e le cazzate di alcuni credenti sulla bestemmia hanno una meno valore dell'altra, ma non sono nemmeno sottintese nel testo citato, e pertanto non toccano in alcun modo l'argomentazione iniziale. (Parlando di affabulazioni, sforbiciate e sofismi.) Questo è quello su cui l'articolo glissa è che una frase come quella di inizio articolo ("“Il pensiero della non esistenza di Dio è già un pensiero metafisico.") può essere intesa anche in senso meramente agnostico. Che è l'unico senso che, da kantiano convinto, posso riconoscere come non metafisico.

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  7. @luigi castaldi: è la quarta antinomia. Un "essere assolutamente necessario" come causa del mondo (o anche come suo elemento) può esisetere come no. Unitamente alle altre antinomie, specie la prima sul cominciamento o meno del mondo, unitamente alla considerazione del fatto che la demolizione delle prove su Dio si basa sull'inutilizzabilità della categoria di causa in riferimento al noumeno e infine alla sua stessa concezione di noumeno/cosa in sé come inconoscibile (di solito in filosofia Dio è la sostanza ultima, detto brutalmente) rende sensato pensare a Kant in termini agnostici, non certo atei. Ad essere precisi, poi lui è anche credente, ma razionalmente parlando ammette come valido solo l'agnosticismo sulle realtà ultime. Non c'è quindi un "dove lo scrive", o se c'è non te lo posso trovare fra 600 pagine, ma i pensieri non si riducono mica a citazioni...

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  8. il primo anonimolunedì, 18 aprile, 2011

    L'idea che il pensiero sia trascendente (o metafisico) poteva avere una sua dignità prima che la neurofisiologia lo spiegasse come epifenomeno dell'attività neuronale encefalica.

    Pur stante che l'identificazione fisiologica dell'attività cognitiva non prova la non esistenza di un ulteriore piano immateriale, pone senz'altro chi vuole sostenerlo (salvo che non lo articoli esplicitamente come materia di fede, o come incomunicabile gnosi) nella scomoda posizione di doverne motivare la necessità o, quantomeno, di evidenziare delle mancanze nella spiegazione fisiologica. E non vale certo dire qualcosa come: « non ci credo finché non mi stampano una fotografia dal mio ricordo della sedia a dondolo della nonna ». Perché il punto non è credere o non credere (salvo per il fideista), ma adottare una rappresentazione della 'realtà' quanto più stringente e predittiva.

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  9. @ kantiano
    Ecco, appunto. Queste sono sue personali inferenze, a mio parere errate se riportate al concetto di "valore" ("affermazioni circa l'esistenza o inesistenza di Dio per Kant hanno lo stesso valore"). E nessuno ha mai detto che Kant fosse ateo, certo non io. Buona sera.

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  10. @ Kantiano

    Il mio richiamo a Kant voleva senza dubbio far leva sul suo agnosticismo (filosofico), lasciando del tutto in sospeso la questione dell'ateismo (che non si pone per Kant e, molto modestamente, neppure per me).

    @ Il primo anonimo

    La spiegazione del pensiero in termini naurofisiologici non esaurisce il "significato" del pensiero a livello fenomenologico (a meno di non intendere che anche il fenomeno del significato sia riducibile a un epifenomeno dell'attività neuronale encefalica, il che - cioè nel "senso esclusivo" di questa "riduzione" - comporta un atto di fede non meno grande, anche se di diversa portata, di quello richiesto per immaginarci un concerto di cherubini vestiti di chiffon).

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  11. il primo anonimolunedì, 18 aprile, 2011

    In questo contesto, la contrapposizione tra significato e significante non appare molto utile. Il pensiero è principalmente coscienza e correlazione di significati (gli stessi significanti, in quanto pensati, divengono significati), i significanti hanno rilevanza nell'espressione verbale (interiore o esterna) o in altre forme espressive oppure in casi molto particolari come il calcolo matematico, ma il pensiero in sé non è né espressione né comunicazione.

    Non si tratta di riduzionismo ontologico, ma di distinguere tra le ipotesi ontologiche che si dimostrano necessarie e quelle che si proiettano al di là del necessario. Fede e gnosi, finché restano nel proprio ambito sono impermeabili a qualsiasi critica; sfortunatamente per il credente, però, se non trovano appigli fenomenologici sono poco convincenti anche per lui, che quindi si ingegna a trovarne, esponendosi così a facili critiche.

    Il pensiero, finché non è stato convincentemente spiegato in termini fisiologici, costituiva un ragionevole motivo per ipotizzare enti immateriali, ma ora questo passaggio non è più 'necessario', può essere soggettivamente desiderabile ma non è certo necessario.

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  12. Vale la pena essere espliciti (mi scuso se non l'ho fatto prima). Quando parlo di "significato" non alludo al termine in uso nella linguistica strutturalista (nella coppia significato/significante). Semmai alla spaziatura di senso che precede e orienta tutte le opposizioni possibili. Qui, a questo livello, non esistono pericoli né di riduzionismo, né di trascendenza. Il mio punto di partenza è sufficientemente indicato nel § 32 di Sein und Zeit, là dove si parla di Verstehen e di Auslegung e dunque del legame tra Da-Sein e In-Sein. Ripeto: questo è solo un punto di partenza (non mi ritengo heideggeriano a tal punto da far coincidere l'inizio con la fine).

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  13. La considerazione delle coppie pensante/pensato, percipiente/percepito, colui_che_è/ciò_in_cui_è si pone su un livello decisamente diverso e più fondamentale di quello strettamente fenomenologico. C'è, però, che, mentre sul piano fenomenologico si può impostare un discorso con ambizioni di oggettività, sull'altro la soggettività ha una solida primazia.

    I sistemi totalitari, le religioni in primis, puntano all'invasione di quel territorio soggettivo. Hanno la pretesa di averne scoperto la non soggettività, di averlo ridotto alla stessa oggettività con cui inquadrano il piano sociale, ma si tratta di finzione o, nella migliore ipotesi, di illusione.

    Quanto al significato come interpretazione/categorizzazione del percepito (se ho ben compreso il riferimento), esso è pensiero e quindi, in un'ottica fenomenologica, non necessita di altra spiegazione che quella fisiologica, altrimenti si ricade nel platonismo, apoteosi delle ipotesi non non necessarie.

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  14. @luigi castaldi
    Ecco, appunto. Queste sono sue personali inferenze, a mio parere errate se riportate al concetto di "valore" ("affermazioni circa l'esistenza o inesistenza di Dio per Kant hanno lo stesso valore"). E nessuno ha mai detto che Kant fosse ateo, certo non io. Buona sera.
    Lei sta deviando il punto del discorso e sofisticando sulle mie parole. Con hanno lo stesso valore, intendevo valore conoscitivo, in tal caso zero. Certo lei non ha detto che Kant fosse ateo, ma di fatto io rispondevo a gadilu che ha fatto riferimento ad un noto esempio di Kant, usandolo come risposta al suo articolo senza intenti contraddittori, quando invece lo stesso Kant, secondo la mia inferenza, certo, avrebbe avuto a che ridire.
    Quanto alla sua considerazione sulle inferenze, è - con tutto il rispetto - sciocca: non può pretendere che io riduca il pensiero di un pensatore come Kant ad una o due esplicite citazioni. Le citazioni senza pensiero non significano nulla. Lei può naturalmente dissentire dalle mie "inferenze", ma non rivendichi questo diritto sulla base di una mancata citazione.
    A buon rendere,
    Kantiano

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