giovedì 15 luglio 2010

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17 commenti:

  1. una scena di maccelleria messicana la definì pertini.
    no, quando vedo la foto penso che un po' di giustizia, ogni tanto, c'è. è passato abbastanza tempo perché riaffacci

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  2. Mai disperare, come dice Tonino guerra, l'ottimismo è il profumo della vita, l'ottimismo volaaa!

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  3. Una vignetta di simile fattura l'altra volta l'avevo pure difesa, pur non avendola affatto amata. Ma pensavo che fosse una cosa creativa: vedo che non lo è.

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  4. @ incubomigliore
    Si figuri che ho intenzione di farne una serie: sempre la stessa foto, cambia solo il testo.

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  5. Belle gambe però, la Claretta.

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  6. @ incubomigliore

    creativi furono quelli che ce li tolsero dai coglioni prima che rifugiassero in svizzera coi loro milioni. si tratta ora di omaggiare l'arte. o preferiva i partigiani fucilati dai fascisti nello stesso piazzale l'anno prima?

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  7. @ Luigi

    Un po' oggi lo stavo sospettando che fosse in arrivo una serie: eventualmente mi terrò la nausea se mai arriverà.

    Un po' OT, una libera domanda per una mia curiosità: l'immagine al centro di quella foto ti ispira una qualche emozione o pensiero? Se sì, quale?

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  8. @ incubomigliore
    Non diversamente dagli altri appesi. Ho di Piazzale Loreto l'idea di un'atrocità che si dichiara necessaria con l'irresistibile forza di una logica.

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  9. @ diciottobrumaio

    Li avrei preferiti? In un certo senso sì, se la vignetta avesse avuto un certo profilo: perché l'immagine di quei partigiani uccisi avrebbe infamato l'immagine del duce in maniera molto più prorompente e definitiva di questa. Ma come ho detto nell'occasione di quella precedente, quando qualcuno fa una vignetta non ha senso affermare cosa uno avrebbe preferito.

    @ Luigi

    Forse è su questo che divergiamo: non riesco a proiettare come irresistibilmente logica l'immagine della Petacchi (per me non è come le altre). A parte questo, lo so anche io che può ritenersi esistere una sorta di inevitabilità consequenziale di quella ultima atrocità, che avevo già definito auto inflitta dalla vittima. Tuttavia sul termine "logica" ho qualche trattenimento.

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  10. @incubomigliore

    "...avrebbe infamato l'immagine del duce..."

    Ma dai!

    Alla plebe plaudente fa poca differenza se dal carro del vincitore si lancino fiori o orecchie mozze.

    Ciò che fa differenza è quando la ruota salta e il "vincitore" si infilza sulla sua stessa spada che un attimo prima spavaldamente agitava e con faceta minaccia.

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  11. All'ultimo anonimo:
    quindi il nostro principio guida deve essere quello di dare alla plebe quello che la plebe vuole?

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  12. Non "dare alla plebe quello che la plebe vuole", ma ricordare che la plebe esiste e che è un determinante fondamentale di forma e modalità di governo possibili e probabili.

    Meno plebe e più cittadini sarebbe un ottimo principio, ma può essere declinato solo a lungo termine.

    A scanso di equivoci: mi riferisco alla plebeità culturale e psichica, non certo a quella censitaria.

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  13. Appunto perché la plebe esiste ed è un determinante di forma di governo ci si deve operare perché i plebei (ne avevo inteso il senso) diventino cittadini: sennò si è corresponsabili di farli rimanere plebe. Non si può dare addosso al cavallo dell'avversario e poi puntarci su quando serve e continuare a dirsi illibati.

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  14. Sono sostanzialmente d'accordo, con un significativo distinguo, però.

    Nel rapporto tra la "politica" e quella che – con political incorretness – sto chiamando plebe, si possono distinguere tre momenti: la ricerca del consenso, il governo dell'esistente, la costruzione del futuro.

    Nei primi due momenti, il tema della promozione della cittadinanza attiva e consapevole è forzatamente marginale, stante l'attuale composizione del corpo elettorale.

    Ricorrendo ad un'altra metafora: i bambini vanno certamente educati, ma prima è fondamentale che abbiano casa, cibo e vestiario ...  e che di casa non vogliano scappare.

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  15. La metafora la vedrei così: mi viene affidato un bambino irrequieto e svogliato perché i genitori lo hanno gonfiato di botte per tutta l'adolescenza. Io devo rieducarlo e per prima cosa che faccio? Gli faccio capire come ci si comporta a casa, e come si fa il genitore, prima di tutto obbligandolo a studiare gonfiandolo di botte se non mi dà retta. Posso anche dire che rimanderò il momento delle carezze, se mi fa comodo, e magari ci arriverò anche a quelle. Nel frattempo però sto avallando quello che gli è stato fatto prima.

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  16. P.S.: spero che sia chiaro che io non intenda dire che non è causalmente perfettamente spiegabile quanto accade, quando si arrivi ad un certo punto oltre la sostenibilità emotiva. Ma cosa diversa è proporre questa come strategia lucida, razionale e strategicamente ineccepibile.

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  17. Il mio ragionamento è sul livello sistemico e cerca di separare la fase sincronica da quella diacronica.

    Sincronicamente, non possiamo pensare di cambiare il mondo, ma dobbiamo comprenderne lo stato e le possibili, limitate, dinamiche.

    Diacronicamente, il mondo si cambia da sé ed è cambiato (o mantenuto statico) molto parzialmente dagli individui e assai più significativamente dalle forze politiche e dagli altri aggregati ideologici ... e, massicciamente, dai mutamenti tecnologici e ambientali/economici.

    L'agire sincronico non è alternativo a quello diacronico, ma confondere l'uno con l'altro rende assai probabile che né l'uno né l'altro siano efficaci.

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    Specificatamente, bisogna rassegnarsi all'idea che una parte della popolazione è raggiungibile unicamente attraverso la propaganda e i metodi della stessa.

    Poi, ovviamente, ci sono una propaganda onesta ed una disonesta ... e anche quella onesta è fortemente suscettibile di corrompere chi vi fa ricorso e di portarlo sull'altro versante.

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