Roberto Lassini si è assunto la responsabilità di averlo fatto affiggere ai muri di Milano, ma sul contenuto del manifesto, che Giorgio Napolitano ha definito “ignobile provocazione”, non può vantare paternità: quella è roba di Silvio Berlusconi. Al netto: alcuni magistrati sarebbero membri delle Brigate Rosse o di consimile formazione terroristica di matrice comunista. Silvio Berlusconi non ha mai prodotto prove, tanto meno nomi, ma ha sempre indicato una traccia: si tratterebbe dei magistrati che lo chiamano in giudizio a rispondere di reati che ogni volta hanno la singolare ventura di essere depenalizzati o di andare in prescrizione, dimostrando con ciò l’insussistenza delle accuse e disvelando in esse un intento persecutorio mosso dall’odio e dall’invidia, che risaputamente sono di matrice comunista.
Troppo complicato? Semplifichiamolo al livello intellettuale di “un ragazzo di undici anni che a scuola non siede neanche nei primi banchi”, che poi sarebbe la definizione dell’italiano medio secondo lo stesso Silvio Berlusconi: solo chi non lo ama può muovergli un’imputazione, odio = comunismo, il pm che gli muova una qualsivoglia imputazione è un brigatista rosso. Se ami Silvio Berlusconi, non puoi che saperlo innocente. Se non lo ami, vuol dire che lo odi e quindi sei comunista o amico dei comunisti.
Vi quadra? Se non vi quadra, è perché siete degli intellettuali del cazzo e amate sofisticare la linearità dei fatti. Forse siete anche un po’ finocchi.
Sì, ma Napolitano? Semplice: se definisce “ignobile provocazione” quel “fuori le Br dalle Procure”, vuol dire che rigetta la linearità dei fatti. Finocchio, chissà, certamente dimostra di essere pure lui comunista. Sempre stato, peraltro. E allora che si fa?
“Quando Giorgio Napolitano, in una lettera inviata al vicepresidente del Csm Michele Vietti, afferma che sulla giustizia siamo arrivati alle «più pericolose esasperazioni e degenerazioni», risulta evidente che ci sono due vilipesi e due misure. Da una parte troviamo il caso dei famigerati manifesti… Sull’altro piatto della bilancia, tuttavia, troviamo le accuse - di pari se non superiore gravità - mosse nei confronti di Silvio Berlusconi” (Libero, 20.4.2011).
Vi sembrerà che in questo argomentare ci sia un cortocircuito, ma solo se siete (finocchi o no) degli intellettuali del cazzo, perché anche qui è tutto molto lineare: per essere davvero al di sopra delle parti, Napolitano può stigmatizzare chi ha detto che certi pm sono brigatisti, sì, ma solo dopo aver stigmatizzato chi se n’è lamentato.
Non vi quadra? Probabilmente siete dei radical-chic, avete letto troppo, vi si è bruciato il cervello. Prova del nove? Sapete ancora ridere con gusto ad una di quelle belle barzellette zozze da ultimi banchi in seconda media? No? Ecco, come volevasi dimostrare: siete guasti dentro. Vediamo allora se può andarvi bene a metterla così: “Accolga, presidente, queste mie critiche come un invito all’equilibrio, non come un tentativo di scaricare opportunisticamente le responsabilità di chi ha concepito o avallato con imprudenti dichiarazioni, come ha fatto il presidente del Consiglio, il manifesto di rabbia incontrollata apparso sui muri di Milano. Siamo tutti in un precario equilibrio, e per questo la campagna di delegittimazione della politica e delle istituzioni va stroncata dovunque si affacci, anche quando rivesta una patina di cultura salottiera o si copra dietro la funzione giudiziaria” (Il Foglio, 20.4.2011).
Neanche così funziona? E allora proviamo in quest’altro modo: “Quando il giovane Napolitano fu salvato dall’art. 68, che più tardi abolì” (Il Foglio, 21.4.2011), disseppellimento di un episodio risalente al 1955, quando l’onorevole Giorgio Napolitano fu denunciato per aver detto ad un questore che aveva vietato una manifestazione di braccianti casertani in favore della riforma agraria: “Lei, questore, ha fatto scendere in piazza dei funzionari irresponsabili”. Denunciato per riunione senza preavviso e oltraggio a pubblico ufficiale.
Vi chiederete quale relazione possa esserci, più di mezzo secolo dopo, con le accuse di prostituzione minorile, concussione ed evasione fiscale - tanto per tenerci sul corrente - mosse a Berlusconi. Semplice: “La vicenda, molto comune a quei tempi, non ebbe alcun seguito giudiziario perché, essendo ancora vigente nella sua pienezza l’art. 68 della Costituzione, la giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio non ritenne di autorizzare la magistratura ad andare avanti”.
A buon intenditor poche parole, presidente. Se non bastasse, sappia, abbiamo delle foto che la ritraggono con le tette al vento.