lunedì 4 aprile 2011

Potere e no


Piergiorgio Welby e Gabriele Cagliari sono morti entrambi per asfissia, entrambi suicidi, entrambi allegando al loro gesto un significato che esorbitava dal privato, per farsi atto civile, cosa nobilmente politica, sennò – come ritengono taluni, ma non per entrambi – gesto scandaloso, contro natura e contro Dio. Eccolo lì, Ferrara. Parla di Cagliari: un tale che pensava alla sua vita come a cosa sua, e che ne dispose liberamente, proprio come Welby avrebbe fatto da solo, se ne avesse avuto la possibilità. Sappiamo com’è andata: ci fu bisogno di qualcuno che l’aiutasse. Anche Cagliari, però, perché qualcuno deve averglielo pur dato quel sacchetto di cellophane. Quasi un suicidio assistito. E allora in cosa – asfissia per asfissia – Cagliari è nobile e Welby no? In cosa il suicidio dell’uno merita rispetto, toni sussiegosi, vocione da cerimonia, e l’altro può essere additato a crimine contro l’intera umanità?
Basta calarsi un attimino nella sfera morale di Ferrara – solo un attimino, sennò le esalazioni vi stendono – e lì vedrete Cagliari che può e Welby che non può: come al solito, è il potere che merita rispetto.


2 commenti:

  1. Neanche mi ci avvicino, figuriamoci calarmi. Meglio il pozzo nero di un condominio.

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  2. A me sembra che Ferrara non abbia "gradito" il suicidio di Monicelli, che aveva potere di portare a termine la sua idea di fine vita.

    Quindi magari bisogna spostare l'obiettivo sulla modalità o i mezzi. Sacchetto sì, finestra no?
    O c'è dell'altro?

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