Un grande esperto di araldica aveva subito parlato di uno “stemma assurdo”, dalla “sciatta e scadente qualità artistica e grafica”, e, fra le tante “novità il cui significato non è chiaro, e che nel linguaggio araldico hanno significati confusi e forse non previsti o voluti” (il quarto non brisato, l’anomala posizione delle chiavi, l’inedito inserimento del pallio, il colore delle infule, ecc.), aveva posto la maggiore attenzione proprio alla “strana e irrimediabilmente brutta mitria” ornata da quelle tre strisce che, almeno all’apparenza, avrebbero voluto “ricordare le tre simboliche corone della tiara”, che pure si era deciso di rimuovere, contro l’uso risalente ad oltre otto secoli: giudizio estetico, ma non solo, perché “l’araldica è la precisa rappresentazione visiva e codificata di una realtà” e, “come ogni linguaggio strutturato, ha un suo vocabolario ed una sua grammatica” che non si possono eludere senza stravolgere i significati (Maurizio Bettoja, Lo stemma di Sua Santità Benedetto XVI, 2006). E tuttavia lo “stemma assurdo” piacque molto al Papa che espresse gratitudine a chi gliel’aveva disegnato.
Bene, cinque anni e mezzo dopo, lo stemma rimane brutto, ma al posto della mitria torna la tiara: è una parziale correzione estetica (e “grammaticale”), ma per un vaticanista italiano, di quelli che stanno ai colleghi di scuola anglosassone come Porro sta a Pulitzer, è inammissibile parlare di correzione e, se la tiara torna al posto della mitria, la cosa avrebbe “un valore simbolico da non sottovalutare” (Il Foglio, 13.10.2010), come se col simbolo mutasse l’idea che questo pontificato ha di se stesso. E il nostro scrive: “L’espunzione della tiara dallo stemma fu un preciso ordine di Ratzinger che voleva dire basta agli orpelli e ai segni rinascimentali. Il segnale che per lui era giunto il tempo di un pontificato «francescano», che nello stemma ricordasse che il Papa è «unus inter pares»: il sogno ancora in vigore di una collegialità democratica. Chi è Benedetto XVI? Nel 2005 molti lo descrissero a partire dal suo stemma: un Papa bavarese e, come tale, deciso a tutelare il patrimonio di identità ripulendolo dalle tentazioni temporalistiche. Ma oggi l’antica corona è tornata sullo stemma. E di Benedetto XVI e del suo pontificato dice molto”.
Cosa dovrebbe significare, dunque? Forse che Benedetto XVI voleva dar di sé l’idea di un «unus inter pares» nel 2005, ed oggi ci ha ripensato? Giacché, “con le sue tre corone, la tiara parla del triplice potere del Papa (padre dei re, rettore del mondo, vicario di Cristo)”, Benedetto XVI intende ribadire l’incoercibile natura temporale del Papato? Brrr.
State tranquilli, è solo una ipotesi (neanche la sola) buttata lì per darvi il brivido. Anche Porro, d’altra parte, si è formato a Il Foglio.
Noto con dispiacere che, tra le varie figure araldiche dello stemma benedettino, non è presente lo scarafone, che pure ci starebbe molto bene
RispondiEliminahttp://librescamente.splinder.com/post/23412889/coprofagi
lo scarafone non è figura araldica in Italia e nel mondo, forse a Napoli...
Eliminaun pontificato «francescano».
RispondiEliminacolle scarpette di prada e i cappellini démodé.
scarpe prada e capellini demodè??? informati prima di scrivere...
EliminaMa il termine corretto non è "primus" inter pares ? Unus in latino mantiene il valore restrittivo ("uno solo"), e il termine contraddirebbe il concetto che vuole proclamare.
RispondiEliminaParla molto di più il trionfo di rosa antico.
RispondiEliminaA leggere lo stemma si potrebbe pansare ad un emulo di Josephine Baker, cui piacciono i bears e i sospensori.
Chiavi sì, ma come congiuntivo esortativo.
Una delle tre corone sarà della malvagia e sempre nera principessa Lunedì, a questo punto.
A***