Anche Giordano Bruno Guerri (il Giornale, 31.10.2010), come Giorgio Israel (Il fascismo e la razza, Il Mulino 2010), pensa che nel 1938 gli italiani fossero razzisti, che il razzismo in Italia non fosse solo il “fenomeno secondario” di un nuovo progetto di società ma un carattere identitario, e che questo spiega perché le leggi razziali furono accolte senza mugugni, anzi perfino con qualche entusiasmo. Mentre con Israel non si capisce bene donde venga, questo antisemitismo, con Guerri abbiamo la spiegazione data dal fascistissimo Roberto Farinacci: “Se, come cattolici, siamo divenuti antisemiti, lo dobbiamo agli insegnamenti che ci furono dati dalla Chiesa durante venti secoli. […] Noi non possiamo nel giro di poche settimane rinunciare a quella coscienza antisemita che la Chiesa ci ha formato lungo i millenni”. Adeguarsi alle richieste di Hitler non costava niente: è sulla tradizione dell’antigiudaismo cristiano che l’Italia cattolica diventava ecumenicamente antisemita con la Germania luterana.
No, non sono d'accordo. Preferisco l'analisi di Sarfatti.
RispondiEliminaOT
RispondiEliminaQuesta nuova impaginazione è senza dubbio migliore della precedente.
gli italiani in genere non sono più razzisti di altri popoli, né razzisti di base: lo diventano sotto l'infuriare della propaganda, del luogo comune e dell'esempio dei capi.
RispondiEliminase veramente riflettessimo sulla nostra storia la sola idea dell'esistenza di una "razza italiana", di una "cultura padana"(?) o di un'italianità intesa come "radice del paese" dovrebbe far spanciare dalle risate anche i privi di strumenti intellettuali.
al contrario di quanto vantato per la sua famiglia dal nostro beneamato premier, la mia ha realmente aiutato un notevole numero di cosiddetti "appartenenti alla razza ebraica" (circa 60 dalle testimonianze depositate presso il Tribunale di Milano nel 1945). per conoscenza la mia era la famiglia del segretario del fascio di una importante cittadina del milanese. scusate l'anonimato, ma qualuno comprenderà come vi siano ragioni...