mercoledì 12 maggio 2010

“Il perdono non sostituisce la giustizia”


Nella Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda (19.3.2010) era concetto ancora vago, espresso nell’invito ai vescovi a “cooperare con le autorità civili”, ma “nell’ambito di loro competenza”. Il prete pedofilo veniva a perdere le tradizionali coperture, ma un vescovo diocesano non era tenuto denunciarlo, anche se venuto a conoscenza dei suoi crimini fuori dalla confessione: per la prima volta era invitato a collaborare con le autorità civili, a crimine già denunciato, niente di più.
Nella Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede riguardo alle accuse di abusi sessuali, pubblicata poco dopo (ma la Santa Sede l’ha datata 2003), v’è paradossalmente un po’ di più, e non si capisce perché Sua Santità non l’abbia ricordato ai vescovi irlandesi: “Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”. Non è ancora una rinuncia piena alle prerogative giuridiche e giudiziali che la Santa Sede ha sempre rivendicato sui suoi preti (anche per i crimini da essi commessi ai danni di laici, compresi gli abusi sessuali su minori), ma è qui che si viene a creare la crepa.

Alcuni fanno notare che, per salvare la faccia, Benedetto XVI sta svendendo libertà, autonomia e potere della Chiesa, cedendo a una visione secolarizzata del peccato che lo riduce a reato, sottraendolo alla logica che lo inscrive nell’economia del pentimento e del perdono, della dannazione e della grazia.
Lo spiega molto bene Pietro De Marco, con l’ansia che si conviene a chi ha cara la tradizione: “La richiesta di trasparenza nella vita della Chiesa e, per dire così, nella sanzione pubblica dei suoi peccati, va razionalmente commisurata alla sua essenza di responsabile rappresentante di una Verità che salva. La tutela dei diritti individuali nella chiesa, di conseguenza, non può inseguire […] i diritti […] dell’individuo contemporaneo. Ma deve anche seguire, nella definizione dei diritti dei fedeli, una logica di diritto sacro e, nel rapporto con gli ordinamenti statuali, salvaguardare anzitutto la propria libertà essenziale, la libertas ecclesiae che la rende idonea a quanto essa annuncia e rappresenta. Sotto tale vincolo possono essere concordate interpretazioni tra gli ordinamenti penali di chiesa e stato”, ma ciò per il codice penale è favoreggiamento e complicità può essere discrezione e misericordia per il Codice di Diritto Canonico: “La civiltà giuridica della Chiesa […] distingue tra foro interno e foro esterno, tra due spazi di giudizio diversamente istruiti, per dire così”, e attenzione a quando esce un “per così dire” a chi ha cara la tradizione: vi sta rifilando un pacco.
Ora gli è che il pacco sta diventando pesante in mano a Benedetto XVI e allora eccolo dire, in volo per il Portogallo, che “il perdono non sostituisce la giustizia”: affermazione che mette i “diritti individuali nella chiesa” sotto un’ipoteca secolare.

Si capisce l’ansia di chi vede in pericolo “la libertà della chiesa di essere come è, come la sua legge canonica, la sua dottrina, il suo magistero e la sua tradizione storica l’hanno definita” (Il Foglio, 12.5.2010), ivi compreso il vizietto di certi suoi preti, che però per Giuliano Ferrara sarebbe da intendere come effetto collaterale della “specialissima paideia” cattolica, che è “cultura e prassi del rapporto intenso, vero, in un certo senso erotico, d’amore e di carità, con i cuccioli dell’umanità”. E perciò, “detto con molta autoironia”, “Benedetto XVI è fuori linea per noi foglianti”, perché, seppure “dignitosamente” e per chissà quale “spinta profetica”, si fa “umile di fronte al mondo” come l’incarnazione del potere non dovrebbe mai fare, sennò che senso ha baciargli la mano?
Insomma, pure Benedetto XVI rifiuta i consigli di Giuliano Ferrara, che sulla pedofilia dei preti era dell’idea che ci si dovesse “difendere contrattaccando” (Il Foglio, 15.3.2010). Altro che contrattacco, Sua Santità si braca, col rischio di ridurre la Chiesa ad una “agenzia secolare” come tante. Giuliano Ferrara non è neppure sfiorato dal sospetto che possa già essere così da tempo. O forse lo sa, ma semplicemente teme che così si risappia in giro.

2 commenti:

  1. Ho l'impressione che il Ferrara sia rimasto un po' spiazzato dal fatto che il Padrone di turno non segua i suoi consigli di devoto lacchè. Goduria immensa!

    RispondiElimina
  2. potrebbe interessare:

    http://www.foreignpolicy.com/articles/2010/05/06/why_did_the_pope_keep_quiet_about_hitler

    ciao, matteo

    RispondiElimina