Nicola Bergonzi mi segnala un articolo di Antonio Socci (Libero, 13.5.2010), annotando: “Tanta roba su Fatima, molta confusione”.
Non direi, mi sembra tutto molto chiaro su Fatima, e anche la confusione – che in apparenza è bella grossa – mi pare abbia una sua chiarezza.
Dovendone parlare, farei a ritroso: comincerei dal fatto che l’articolo di Antonio Socci andava in edicola, oggi, mentre Avvenire, in prima pagina, in basso a destra, mandava la réclame di un libro di Tarcisio Bertone (L’ultimo mistero di Fatima).
Al gregge sembrerà niente, ma in pratica accadeva un fatto strano: dal Portogallo il papa mandava a dire che la profezia di Fatima non s’è del tutto ancora realizzata; dalla felicità il Socci si sparava una pippa su Libero, perché l’aveva sempre sostenuto, contro quanto sostenuto invece dal Bertone, proprio nel libro reclamizzato dal giornale dei vescovi.
Non è tutto. La tesi esposta dal papa in Portogallo è incompatibile e alternativa a quella del Bertone: ha detto che nella profezia di Fatima “sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano” (e dunque non ancora realizzate), mentre il Bertone ha sempre sostenuto che la Madonna s’era fermata al pronostico dell’attentato a Giovanni Paolo II del 1981.
Tutto qui? Macché. Indovinate chi sosteneva una tesi analoga al Bertone. Il Ratzinger, da cardinale. Sposava la tesi dell’allora Segretario di Stato, il cardinal Angelo Sodano, che sosteneva: “Le vicende a cui fa riferimento la terza parte del «segreto» di Fatima sembrano ormai appartenere al passato”, e giustappunto il Ratzinger, di rinforzo: “Nella misura in cui singoli eventi vengono rappresentati, essi ormai appartengono al passato”.
E per questo il Socci fu bruciato: sosteneva che la profezia di Fatima fosse ancora da realizzarsi. Proprio come il papa dice oggi. Comprensibile la pippa del Socci.
Comprensibile pure che il Ratzinger abbia cambiato idea, da papa, perché ogni a papa piace immedesimarsi nel papa della profezia di Fatima: attaccato a morte. Più comprensibile per Giovanni Paolo II, per l’attentato subìto del 1981 (anche se nella profezia il papa muore, e il Wojtyla no), ma non meno comprensibile per Benedetto XVI, che evidentemente si sente mortalmente ferito dagli scandali e dagli incidenti che hanno caratterizzato il suo pontificato (e manco muore di vergogna).
Inciso
Aspetto che Benedetto XVI ritorni dal Portogallo per tirare le somme di tutto quello che sta dicendo. Niente di nuovo, in apparenza, ma leggendo fra le righe, se non mi inganno, questo pontificato è a una torsione (svolta sarebbe termine inadeguato): lo scandalo dei preti pedofili è stato un colpo più duro di quello che è ci apparso e sotto la botta arrivano a scricchiolare la pretesa della eccezionalità dell’istituzione ecclesiastica rispetto alle istituzioni laiche, la natura gerarchica della Chiesa e quell’estroversione ecumenica un po’ molesta che sembrava voler essere il cazzutissimo stendardo di questo pontificato. Mi pare che si sia arrivando a dire che è stato frainteso anche il primo Concilio Vaticano, oltre che il secondo: siamo ad una crisi che non è di immagine ma di autocoscienza, che fa sentire urgente – non ha importanza quanto strumentalmente – un certo disincarnamento dal corpo mistico di Cristo, per un ripensamento della funzione dei carismi in seno alla comunità cattolica. Al problema che i preti siano sempre di meno, e tuttavia indispensabili perché la comunità cattolica regga sulla tradizione, con ciò che così si prospetta per la tradizione, è venuto ad aggiungersi il problema che i preti sono sempre meno palesemente l’alter Christus in serie che dovrebbero essere: si impone un nuovo clero o un nuovo Cristo, oppure – qui la torsione – un nuovo modo per ripensare la funzione sacerdotale.
E dunque a Nicola Bergonzi rispondo: no, tutto è molto semplice. Una profezia che era stata buona in Portogallo nel 1917 (chissà perché nessuno parla mai della situazione politico-istituzionale del Portogallo del 1917 e della condizione della Chiesa portoghese in quel contesto), che era stata ottimamente ricicciata in chiave anticomunista (dando per scontato che la Madonna già sapesse della rivoluzione russa di lì a qualche mese), che tornava buona per incastonare Karol il Grande nella galleria dei Grandi Santi (campa cavallo!), che poteva tornar buona pure per delegittimare il Vaticano II (o almeno i suoi “fraintendimenti”, tutti nello spirito, e malinteso, rispetto alla lettera) – una profezia così versatile, dico, era un peccato metterla in soffitta: ancora riutilizzabile.
E la réclame del libro del Bertone? In pratica, la tesi del Bertone definisce farlocchissima questa riutilizzazione prima che venga tentata da Benedetto XVI in Portogallo: e ad Avvenire non c’è un coglione che colga il controsenso.
Consigliare quel libro al gregge è come fargli brucare peyote: la realtà di Fatima sbava e si fluidifica, la profezia s’allunga come un salamino, si strozza e s’ammoscia.
Mi sembra tutto molto chiaro, caro Bergonzi, ma le suggerisco una metafora: immagini un Benedetto XVI un po’ samurai, immagini che dica Chiesa dove Battiato dice town, e il resto lo lascio alla sua libera interpretazione. Stanno ai cazzi amari, riciclano profezie inservibili, spacciano droghe per tossici sempre meno raffinati.
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