Everett Fahy è stato a capo del dipartimento di pittura europea del Metropolitan Museum per molti anni e per molti anni ha avuto sotto gli occhi la Testimonianza di San Giovanni Battista lì esposta, ma solo adesso se ne viene con la bella idea che l’opera non sia di Francesco Granacci ma di Michelangelo Buonarroti. Ad esser più precisi, non è che lo dica, ma lo suppone sulla base di elementi tanto inconsistenti da far venire più di un dubbio. Esaminiamoli.
Una figura tenderebbe l’indice come in un disegno di Michelangelo conservato al British Museum (Il Filosofo), ma basta anche solo un superficiale raffronto per verificare notevoli differenze sulla postura del tronco e del braccio, oltre che sull’angolo tra polso e dito.
Un’altra figura – femminile e chiusa in un ampio panneggio – avrebbe posa simile a quella di una figura – maschile e nuda – dipinta da Michelangelo sullo sfondo del Tondo Doni: anche qui ci vuole molta fantasia per vedere una analogia, se non per le gambe incrociate, ma nel dipinto di Michelangelo la gamba sinistra è posta sulla destra, mentre nella Testimonianza di San Giovanni Battista è il contrario.
La posa del Battista richiamerebbe quella di un nudo michelangiolesco conservato al Louvre ma, anche qui, le differenze sono numerose: la massa muscolare, l’inclinazione e la torsione del busto sulle anche, la linea delle spalle, la disposizione delle braccia, i tratti del volto.
Di ancora minor peso le altre “prove”: il fatto che il dipinto sia ad olio, mentre il Granacci preferiva la tempera (vero, ma non esclusivamente); il fatto che all’indagine radiografica siano stati rilevati pochi disegni preparatori sotto la pittura (come se un elemento del genere sia degno di essere preso in considerazione per attribuire un’opera a chi non ne faceva affatto); il fatto, infine, che l’opera potrebbe essere attribuita a Michelangelo perché la data della sua realizzazione coinciderebbe con un periodo nel quale era libero da commesse (e qui non vale neanche la pena di considerare la solidità di una “prova” del genere).
Ciò che stupisce, tuttavia, è che a nessuno sia venuto in mente di fare una semplice considerazione relativa a un elemento che molto ben rappresentato nella Testimonianza di San Giovanni Battista: le rocce che riempiono la scena. La loro conformazione non trova alcun analogo in quelle ritratte nelle opere sicuramente attribuibili a Michelangelo, basti pensare alla varietà che ne è offerta negli affreschi della Cappella Sistina e a quelle che fanno da sfondo alla Crocifissione di San Pietro o alla Battaglia di Cascina. Le rocce dipinte nella Testimonianza di San Giovanni Battista, invece, sono in tutto simili a quelle che Francesco Granacci ritrasse nella pala di sinistra del Trittico della Crocifissione o sullo sfondo a destra nella Madonna della Cintola.
Non è tutto. Nella Testimonianza di San Giovanni Battista la proporzione tra il capo e il tronco non è affatto michelangiolesca e molte figure sono ritratte con una rigidità che, se bisogna pensare almeno a un contributo di mano diversa da quella del Granacci, a tutti si può pensare tranne che al Buonarroti. Impensabile, ad esempio, che un Cristo come quello qui raffigurato sia opera di Michelangelo: basta uno sguardo alle pieghe della sua tunica.
Per non parlare della vegetazione che fa da sfondo, in tutto simile a quella dipinta dal Granacci in Giuseppe dinanzi al Faraone, e degli uccelli che volteggiano in cielo, uguali a quelli nel cielo della Adorazione di Gesù Bambino.
La Testimonianza di San Giovanni Battista è proprio del Granacci, e in ogni caso nulla prova che Michelangelo ci abbia messo mano.
Non la sapevo pure discepolo di Roberto Longhi e Federico Zeri.
RispondiEliminaLa cosa mi lascia molto piacevolmente stupito.
forse vogliono aumentare le visite al museo, truccare i bilanci, venderlo a qualche berlusca. ha pubblicato 65 pagine di queste "prove", gratis?
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