domenica 20 giugno 2010

Come volevasi dimostrare


Una dozzina d’anni fa, in uno dei suoi tanti e bellissimi libri, José Saramago scrisse che di certo c’è solo la morte, che la morte non guarda in faccia a nessuno. Una dozzina d’anni dopo, José Saramago muore e un tal Claudio Toscani fa: “Come volevasi dimostrare”. Lo fa in apertura di una scheda biografica del morto che firma su L’Osservatore Romano del 20 giugno.
L’umore verso la salma è malevolo e questo io lo ritengo legittimo: i grandi non muoiono mai, sono tenuti a dar conto di se stessi anche dopo la morte. E Saramago ne dà conto discretamente bene: la sua scheda biografica è sontuosa. La scheda biografica di Claudio Toscani, invece, è assai smunta: se è lui – non si capisce bene, chissà quanti Claudio Toscani esisteranno – pare sia un associato, stipendiato da una tante (troppe) università italiane, e che arrotondi con qualche pezzullo su L’Osservatore Romano. Anche qui si dà conto di se stessi discretamente bene: “Per quel che riguardava la religione, uncinata com’è stata sempre la sua mente da una destabilizzante banalizzazione del sacro e da un materialismo libertario che quanto più avanzava negli anni tanto più si radicalizzava, Saramago – scrive il Toscani – non si fece mai mancare il sostegno di uno sconfortante semplicismo teologico: se Dio è all’origine di tutto, Lui è la causa di ogni effetto e l’effetto di ogni causa”. È chiaro quale sia il rimprovero a Saramago: lo scrittore non credeva nell’esistenza di Satana.
Il Toscani, invece, mica banalizza il sacro, e ci crede. È sulla teodicea che misura la grandezza di un uomo, pare, e qui il Toscani giganteggia sul Saramago: “Un populista estremistico come lui, che si era fatto carico del perché del male nel mondo, avrebbe dovuto anzitutto investire del problema tutte le storte strutture umane, da storico-politiche a socio-economiche, invece di saltare al per altro aborrito piano metafisico e incolpare, fin troppo comodamente e a parte ogni altra considerazione, un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza. Prerogative, per così dire, che ben avrebbero potuto nascondere un mistero, oltre che la divina infinità delle risposte per l’umana totalità delle domande. Ma non per lui”. E dunque, in ultima analisi, perché il Toscani schifa il Saramago? Perché non era cattolico: il Dio di cui scriveva non era affatto il Dio del Catechismo.
L’oratio funebris in morte di Saramago è affidata da L’Osservatore Romano a un critico letterario che a quanto pare è dotato di un’unica categoria di analisi: la teologia. “Lucidamente autocollocatosi dalla parte della zizzania nell’evangelico campo di grano”: destinato alla dannazione eterna, dunque. Che tuttavia mi pare un buon affare rispetto alla dannazione del fare il critico letterario per il Sant’Uffizio.

[a margine di quanto ha scritto Luca Massaro]


10 commenti:

  1. Quel che vendono comincia a dare evidenti segni d'obsolescenza, per quanto s'affannino a puntellarne la tenuta con continue offerte speciali. Paolo di Tarso, a questo punto, avrebbe già intuito l'inevitabile declino e inventato nuove strategie di prodotto e di marketing per risollevare la situazione.

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  2. Ti ringrazio davvero. Il tuo articolo ha placato la necessità di inveire contro Claudio Toscani e il suo articoletto povero e triste, e ora posso tornare a studiare per la Maturità XD

    Silvia

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  3. cosa ci potevamo aspettare dall'osservatore romano? eppure giudico tutto sommato l'articolo (non l'analisi che non c'è e non può esserci) come il più onesto necrologio laddove dice la cosa più importante anche se non a tutti gradita:
    «Saramago è stato dunque un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all'ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo».

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  4. Non ho tardato ad aspettare e ne sono felice.

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  5. OT
    hai visto?
    http://www.facebook.com/home.php#!/photo.php?pid=217321&id=129617877059852

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  6. (OT: Cose da Radicali è una scopiazzatura dei piddini che andrebbe inchiodata in qualche altrove, con il Toscani a trafiggerne il costato)

    Su Saramago, forse lo scrittore che conosco meglio dopo Borges - e chi lo dice suo erede quando mai ha letto e l'uno, e l'altro? -, Pynchon, Pasolini e Gadda, si può scrivere di tutto solo perché nell'ultimo decennio della sua vita si è lucidamente rincoglionito e come molti grandi vecchi s'è messo a vergare scritti prosaici che male aderiscono, quando non si scollano del tutto, dai fasti di certo mai dichiaratamente materialisti - e men che meno marxisti - dei suoi romanzi migliori.
    Perfino chi scrive su un giornale di critica letteraria marxista si trovava nel 2001 a convenire della grandezza di uno scrittore 'deterritorializzato' e universale ( www.dissentmagazine.org/article/?article=927 ): ateo fino al midollo, ma sprovvisto di una sovrastruttura ideologica che non restasse lontanissima, poetica, e che si limitava ad appoggiare appena sopra al racconto dei fatti; fatti che erano semplici occorrenze in capo ai suoi protagonisti, prede forse rassegnate ma umanissime di poteri totalitari, borghesi spesso inconsciamente anarchici. Se, come alcuno in vena di paradossi potrebbe giungere a supporre, la sua adesione al marxismo si rafforza proprio nell'inabissarne l'ideologia tanto in fondo da giungere a spalmarla in porzioni omeopatiche in ogni singola pagina dei suoi libri, si dovrà convenire che ciò che ha scritto il Toscani si rivela in ogni caso minchiata, proprio per la forza e caparbia che egli attribuisce all'acrimonia di Saramago, che invece fino al 2000 semplicemente resta confinata alle interviste e alla sua vita politica, ma del tutto fuori della sua opera letteraria.

    E allora un invito al Toscani di non aggiungere altre cazzate: faccia il piacere di non cercare di intaccare in maniera maldestra opere letterarie universali con revisionismi tutti spiattellati contro le edizioni Vita e Pensiero.

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  7. stavo aspettandoti su questo

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  8. un ps sul link
    ma perchè i radicali mancano sempre di autoironia?

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