martedì 22 giugno 2010

"La faccenda nasce politica e lo rimane"



Prima che il cardinale Sepe diffondesse la sua Lettera alla Diocesi del 21 giugno avevo scritto che “la faccenda nasce politica e lo rimane”. Bene, fa piacere sapere che Sua Eminenza è d’accordo: quando c’è coincidenza di analisi tra uno dei più autorevoli principi della Chiesa, come lui, e uno dei più nequiziosi laicisti di questo buco del culo del mondo, come me, si offre una splendida occasione per chiarire la natura dei rapporti politici tra Chiesa e buco del culo, oltre ogni controversia.
Sua Eminenza – in pratica – dice che dovete solo fargli un pompino. Doveva dar conto alla Chiesa e la Chiesa gli ha consentito, approvato e lodato tutto. Dove stanno, di grazia, gli estremi per trattarlo come un comune cittadino italiano? Qualsiasi cosa abbia fatto, è privo di ogni responsabilità personale, tanto meno penale: va tutto rimesso ai rapporti tra Stato e Chiesa, il foro giudiziario è incompetente.
Si capisce perché l’avvocato di Sua Eminenza si esibisca in panciolle: è quello che ha fatto assolvere Alfredo Romeo (parcellona meritatissima), col cardinale Sepe si annuncia una passeggiatina (probabilmente in gratuito patrocinio, che è la migliore parcella).

Le spiegazioni offerte dal cardinale Sepe possono così permettersi la qualità d’essere semplici e il difetto d’esserlo troppo. Prendiamo “la concessione in uso di un alloggio al dott. Guido Bertolaso, la cui esigenza [gli] venne rappresentata dal dott. Francesco Silvano”: lineare, ma – a volersi porre il problema – su quale linea? Perché Bertolaso chiede casa a Silvano? Perché Silvano si sente in dovere di trovargliela? Com’è che, oltre a trovargliela, gliela si concede praticamente a gratis? Sui beni ecclesiastici vige il diritto della Chiesa di non doverne dichiarare la provenienza e di non dover darne conto dell’impiego: sono domande che non potete fare a Sua Eminenza, stronzi. Dovete pigliarvi le spiegazioni di Sua Eminenza e farvele bastare.
Per esempio: Lunardi vuol comprare casa a Roma. Ha qualche competenza in materia, insomma, non è un rosticciere di fresco arricchito, ma si innamora di una merda di immobile “che presentava, in maniera evidente e seria, segni di vecchiaia e di precarietà”, per di più “occupato da inquilini”. Valli a capire, questi tecnocrati, vanno tutti in cerca di catapecchie.
Sul verso, infatti, la faccenda è politica come sul recto: dove sta la ratio per la quale uomini della Chiesa e uomini dello Stato non potrebbero scambiarsi cortesie per mera simpatia?

Ciò detto, Sua Eminenza – e qui mi pare sia politico immenso – accetta la Croce: “Vado avanti con serenità, accetto la Croce e perdono, dal profondo del cuore, quanti, dentro e fuori la Chiesa, hanno voluto colpirmi”, e parliamo dell’essere indagato nella pienezza delle garanzie e in godimento di parecchi privilegi rispetto a un povero cristo, prima di tutto il non poter essere rinviato a giudizio, tanto meno condannato, men che mai carcerato. La metà della metà della metà di tutto questo solleverebbe questioni di squisita natura politica, il giudice nasce suicidato.

3 commenti:

  1. “Vado avanti con serenità, accetto la Croce e perdono, dal profondo del cuore, quanti, dentro e fuori la Chiesa, hanno voluto colpirmi”
    Potessi colpirlo io, con un gran calcio sulle palle ... magari di punta.

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  2. Guarda che Sua Eminenza merita di essere difeso da un buon laicista: ne avessimo uno al giorno di così bravi a dimostrare che quanto è reato per un comune cittadino è pienamente legittimo per un alto prelato, perché soggetto ad altra regola, incompatibile col diritto e tuttavia ammessa in deroga...

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  3. Certo che son bravi, Luigi. Anzi, sono letteramente fantastici. Da duemila anni ci vengono puntualmente nel culo "a gratis" eppure siamo noi che dobbiamo ringraziarli. Son pienamente d'accordo con te: onore al merito!

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